DI ORSO GRIGIO
Facciamo a capirci.
Se cercate un campione di pragmatismo non sono io.
Avete sbagliato pagina.
Io ho buon senso, riesco a sviluppare ragionamenti logici e so perfettamente che secondo i sondaggi la destra vincerà le prossime elezioni. Ma questo non mi basta per rimpiangere Draghi e il suo orribile governo. E non ne ho nemmeno paura, di questa specie di nuovo fascismo, più subdolo e perfino più ignorante di quell’altro. Ho paura di quello che non si può combattere, delle malattie, ma non della Meloni.
La Meloni si può combattere. E si può battere.
E’ del tutto evidente come lega e forza italia, forti dei pronostici, abbiano sfruttato il momento di sbandamento creato dalla legittima richiesta di chiarimenti del Movimento, per mettere in atto il loro piano e far saltare tutto, e chissenefrega delle conseguenze.
Tanto alla pensione c’erano arrivati e la colpa sarebbe stata di Conte.
E invece la colpa è solo di Draghi, che aveva i numeri per governare e doveva farlo, senza cedere alla propria arrogante superbia che gli ha impedito di dare le risposte che i 5S chiedevano e fatto ritenere di essere il solo e unico depositario del verbo.
Ma capisco che ammettere questo, per l’Istituto Luce e i suoi derivati, sarà impossibile, annebbiati come sono dalla loro disonestà intellettuale.
Quindi Draghi, l’onnipotente, l’infallibile, l’eletto, è come la pancia nel vecchio spot dell’olio Sasso: non c’è più. E si va avanti, sperando che con questa tragica esperienza venga archiviata per sempre la stagione dei governi calati dall’altro, quasi per diritto divino, e votati da nessuno.
Governi che hanno sempre perseguito politiche di destra, senza mai un vero dibattito parlamentare, sotto il ricatto del baratro dove saremmo precipitati se non avessimo accettato qualsiasi nefandezza venisse proposta.
Purtroppo però, sia con l’alpestre della provvidenza del 2011 che con l’apostolo, chi era sull’orlo di quel baratro ci è caduto dentro mentre più indietro si creava una nuova generazione di ricchi, che via via si ingozzavano a dismisura.
Perché la cosa che li ha accomunati è perseguire con impegno e dedizione la diseguaglianza sociale. La cosa non stupisce visto che a presiederli chiamano economisti e banchieri che con i bisogni veri delle persone c’entrano quanto me con il confezionamento degli stuzzicadenti canadesi in ambiente sterile.
Stupisce semmai che la pratica dell’amplificare questa disequità sia ormai una costante anche dei governi politici.
Di tutti, i governi politici.
Guardate adesso. Tutti si dicono terrorizzati dalla vittoria della Meloni, ma per batterla non trovano di meglio che fare un’altra destra: il listone Draghi, che ci sia o meno la sua presenza abbacinante conta poco, e ci saranno tutti dentro, dal pd a Renzi, Calenda, Di maio, Bonino, Bersani, forse perfino Fratoianni.
E sarà meravigliato e osannato da tutti gli Istituti Luce che nel frattempo si sono moltiplicati e si preparano a lanciare la ola imbonitrice finale per convincerci a votarlo.
Perciò la nostra scelta sarà fra una destra, pericolosa e imprevedibile, e una nuova democrazia cristiana raffazzonata, improbabile e oscena, messa in piedi per garantire a certi scienziati gli ultimi posti disponibili.
Ma non si batte la destra creandone un’altra, perché uno sceglie l’originale.
La Meloni, la sua politica, le sue idee, si battono con un’altra cosa.
Dopo questo pippone, vorrei rivolgermi ancora a Conte, consapevole che ancora una volta di quello che dico io se ne sbatterà i coglioni.
Sia quell’altra cosa, Presidente.
Lasci perdere Letta.
Quell’alleanza alla pari, e ci avevo creduto anch’io, non è nata e non potrà nascere mai. Il pd resta quello che è, renziano dentro, una socialdemocrazia stinta e sfilacciata più attenta alla confindustria e alle banche che agli operai davanti ai cancelli delle fabbriche che chiudono. Del Movimento gli servivano solo i numeri. Bene, li cerchi da Di maio e dagli altri. Se ne ha bisogno, gli presterò il mio computer quantistico per contarli tutti.
E lei, Presidente, è sempre stato sul culo a tutti, come una mosca sul piatto, un granello di sabbia in un ingranaggio che rischiava di incepparsi. Hanno chiamato a raccolta tutto il peggio del giornalismo più servile per distruggerla.
Perciò basta. Coraggio e Dignità.
Uno sfanculo e via, ma quello ce lo metto io che noi etruschi con le volgarità c’abbiamo più dimestichezza.
Ci sono due poli? Ok, facciamone un altro.
Chiami Di Battista, confrontatevi, ognuno rinunci a qualcosa e proviamoci.
Non c’è molto tempo e non pretendiamo certo un programma definitivo da qui al 2050, ma un’idea sì. Sapere se c’è questa volontà di mettersi ancora in gioco, e dalla parte degli ultimi, questo dobbiamo saperlo. La nostra fiducia ha un costo.
Si potrà vincere o quasi certamente perdere, ma questo non conta. A noi serve molto di più: una nuova idea, una rinascita, qualcosa a cui appartenere, un posto dove mettere la speranza.
Noi ci siamo.
E lei?