DI LEONARDO CECCHI
Ne salvò 6mila e oltre. Chiune Sugihara, viceconsole giapponese in Lituania, vedeva arrivare profughi ebrei da ogni dove, dalla Polonia ed altre zone occupate dai tedeschi.
E così decise di aiutarli con l’unico che aveva: facendoli fuggire con dei visti per il Giappone.
Quando da Tokyo si resero conto di cosa stava facendo e arrivò la direttiva di smettere, lui continuò. Si inventò ogni modo possibile per continuare a farli.
Quei visti li scriveva di giorno, di notte. Non dormiva neppure. Continuò a scriverli anche quando il consolato venne chiuso.
Ritagliava tempo nell’hotel, poi addirittura in treno verso Berlino.
Ogni visto era una vita salvata dai tedeschi. E Chiune ci riuscì a salvarne molte.
Molte più di quelle che avrebbe potuto salvare da medico, dato che il padre, da ragazzo, lo obbligò a studiare medicina. Lui si rifiutò e sbagliò appositamente il test d’ingresso, per poi intraprendere la carriera diplomatica.
A lui, che se ne andava in questo giorno del 1986 in tanti devono la vita.
E a lui va il ricordo di tutti noi. Agli uomini giusti che la storia ci insegna a ricordare e ammirare.