DI BARBARA LEZZI
Molti no sarebbero doverosi e dovrebbero essere sganciati dalla disciplina di partito dalle ragioni di opportunità. Ho appena votato no all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Ho ponderato con molta attenzione questa decisione.
È sacrosanto il diritto delle nazioni di scegliere da che parte stare ma questo Occidente che spende parole, articoli, convenzioni e patti sui diritti umani e sacrifica il popolo curdo sull’altare del braccio di ferro geopolitico, non mi convince. Non posso approvare questa strategia perché subisco, malgrado non sia affatto conveniente, la dittatura della coscienza e no, non me la sono sentita di riconoscere un diritto a due nazioni che ha come costo il sangue di un popolo, quello curdo appunto.
Saranno in molti in questa campagna elettorale a pontificare sulla cultura di governo, sulla supremazia del compromesso, sulla saggezza della mediazione ma in fondo tutti nascondono dietro questi cattedratici concetti la mancanza di audacia e il mero interesse personale. Posso dirlo? Sono fiera dei miei no.
Quello in consiglio dei ministri contro il ripristino dell’immunità penale e amministrativa agli amministratori ex-Ilva, quello al Draghi grillino, quello alla Cartabia, al semplificazioni e al Concorrenza.
Quello contro l’invio di armi e questo di oggi. So bene quanto ognuno di questi no mi sia costato ma nessun riconoscimento avrebbe mai potuto darmi sollievo di fronte a quella coscienza che sarebbe stata per sempre gravata da un peso insopportabile.