L’APE MAIO

DI GIANCARLO SELMI

 

Niente. Non possiamo fare niente. Quello è il livello neuronale, non ce la fa proprio.
È nato per farsi perculare.
Prima “insieme per il futuro”. Una straordinaria pista di atterraggio per battute di ogni tipo. Bastava aggiungere una parola tipo poltrona, anche il suo cognome, perfino scontato, ma lui non se n’è accorto.
Poi sceglie “impegno civico”, una cosa usata almeno 150 volte prima; la lista civica del macellaio di Voghera o del dentista di Canicattì. Solo uno alla frutta come l’immortale Tabacci poteva seguirlo. Va verificato solo se il PD avrà tanti seggi da garantirne uno a testa a quei due, visto che hanno meno voti di Agostino Occhiosvelto con la lista “urbi e orbi”.
Il capolavoro poi lo compie mettendo in un simbolo più brutto di un debito con un usuraio, un’ape. Imitando Rutelli che ne mise due (anche allora c’era Tabacci. Pare che all’arzillo vecchietto poltronaro le api piacciano molto). Però lui si chiama di maio, quindi: L’APE MAIO
“Perculare, gente, perculare.”
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone e persone in piedi