TRUMP CON L’FBI IN CASA A CERCARE DOCUMENTI SEGRETI

DI PIERO ORTECA

 

 

L’America arrabbiata che lo ama e quella che non può più permetterselo.

L’Fbi ha perquisito la residenza di Donald Trump a Mar-a-Lago in Florida, e portato via documenti. Lo ha reso noto lo stesso ex presidente. «Noi non eravamo stati informati, è una persecuzione politica». Ed è la prima volta nella storia che le forze dell’ordine irrompono nell’abitazione di un ex presidente.
Trump è al centro di almeno due distinte indagini. Dallo Stato di New York, sugli affari finanziari della holding trumpiana. Politicamente più grave l’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 per rovesciare i risultati delle elezioni.
Infine, prima di lasciare la Casa Bianca, Trump avrebbe fatto sparire documenti che andavano invece depositati, e siamo forse all’attualità Fbi.

L’ingombrante Donald Trump

Ingombrante. Forse è questa la parola più giusta, per descrivervi come una larga fetta degli elettori Repubblicani percepisce l’ex Presidente Usa, Donald Trump. E non solo per il colpo a sorpresa dell’Fbi. Ingombrante, grosso modo, per mezza America, perché l’altra mezza (i Democratici) lo vede come fumo agli occhi. Dalle nostre parti, “The Donald” sembra essere scomparso dalla circolazione. Ma non è così. A casa sua sta lavorando intensamente, perché ha un chiodo fisso: essere il “front runner”, lo sfidante del GOP, il Partito Repubblicano, alle Presidenziali del 2024. Dal suo punto di vista, l’occasione è troppo ghiotta, constatata la cronica instabilità e, secondo tutti i sondaggi, la fragilità, dell’Amministrazione Biden.

Condizione necessaria ma non sufficiente

Ma questa è quella che, in matematica, si chiamerebbe “condizione necessaria ma non sufficiente”. Intanto, perché si dovrà votare tra più di due anni e, nel frattempo, le congiunture politiche ed economiche potrebbero capovolgersi. E poi, perché lo stesso Trump, come dicevamo all’inizio, ha molti fieri oppositori dentro il suo stesso partito. Insomma, l’ex Palazzinaro non gode di grandi simpatie, manco nel GOP e per una serie di motivi, tutti molto validi. Intanto, anche tra i Repubblicani c’è chi non gli perdona il triste caravanserraglio organizzato contro Capitol Hill, il famoso assalto al Congresso, per contestare i molto presunti brogli elettorali nelle Presidenziali. Per questa storia c’è in corso un processo federale.

La massa canaglia aizzata

Intendiamoci: chi parla di “tentato colpo di Stato” fa speculazione politica. L’immagine è stata quella di una massa-canaglia di “peones” prezzolati, aizzati dal grasso “fazendero” di turno. Non sappiamo quanto c’entri Trump, questo lo stabilirà la Commissione d’inchiesta. In ogni caso, le sue responsabilità morali sono schiaccianti, solo per questo non dovrebbe più farsi vedere, manco per sbaglio, dalle parti di Pennsylvania Avenue (sede della Casa Bianca). Ma se i romani dicevano che “pecunia non olet”, allora si può anche dire che pure “il potere non fa puzza”. Così, i Repubblicani, pur essendo chiaramente spaccati al loro interno su un’eventuale candidatura di Trump nel 2024, per ora evitano (almeno in maggioranza) di prendere posizione. Anche se, diversi esponenti, a mezza bocca, fanno trapelare il loro disappunto.

Trump ed Elezioni di Medio termine

Il problema è che con le elezioni di Mid Term alle porte, tutto il GOP spinge per riprendersi il controllo del Congresso, Camera e Senato. Col Parlamento in mano, i Repubblicani renderanno gli ultimi due anni di Biden un Vietnam politico. L’inquilino della Casa Bianca diventerà una “lame-duck”, una “anatra zoppa”, e come Presidente, avrà grosse limitazioni a far finanziare i suoi programmi legislativi. Già ora i sondaggi gli danno un “job approval”, il consenso al suo lavoro, intorno al 38%, prospettandogli una eventuale campagna elettorale tutta in salita. Ma questo non è affatto detto che favorirà la corsa di Trump per un ritorno alla Casa Bianca.

Congresso repubblicani senza Trump

La fronda, dentro il GOP, dopo le elezioni di novembre per il Congresso, diventerà più evidente e più massiccia per almeno due motivi. In molti non possono soffrire Trump, che ritengono una specie di cane sciolto, riottoso a qualsiasi disciplina di partito. Un “parvenu” che ha fatto i soldi col cemento, ruvido e tracotante, che non appartiene ai salotti della politica tradizionale e che, quindi, non ha nemmeno un briciolo di stile per dialogare con chicchessia. Alcune delle idee di Trump non sono distanti dal credo repubblicano tradizionale, anzi. Ma lui le rimpasta e le ripresenta come se fossero sempre delle clamorose “novità”, amplificandone la portata.

Trump fanfarone esagerato

Trump non è un estremista, ma un “esagerato”. Cioè, ci si passi il termine, un fanfarone, che tende a gonfiare tutto quello che è piccolo, per farlo sembrare una cosa “presidenziale”. Vizi e virtù. Beh, oggi parliamo solo di quello che pensano i Repubblicani, e secondo il Wall Street Journal, che al “fenomeno” Trump ha dedicato un report, diciamo che pensano tutto e il contrario di tutto. “La possibile candidatura di Trump solleva reazioni tiepide dei parlamentari repubblicani”, scrive il Wall Street Journal, riportando i risultati di un “survey” fatto con una quarantina di congressisti. Solo in pochi si sono detti chiaramente favorevoli a una sua discesa in campo nel 2024. La quasi totalità, scrive il giornale, ha eluso la domanda, dicendo che la scelta (se partecipare alle primarie) spetta all’ex Presidente. Qualcuno, più coraggioso, ha detto che è tempo di guardare a una nuova generazione di politici.

Corsa Casa Bianca e il ‘grande elemosiniere’

Intanto, dentro il Partito Repubblicano, sono cominciate le grandi manovre e i riposizionamenti per la Casa Bianca. Uno dei nomi che vengono fatti è quello di Ron De Santis, Governatore della Florida. Comunque sia, Trump mantiene i cordoni della borsa e sta riuscendo a finanziare le campagne elettorali di molti aspiranti congressisti in vista delle Mid Term. Secondo il WSJ, grazie alle sue capacità di “grande elemosiniere”, l’ex Presidente sta prendendo in mano, indirettamente, il partito. Finora è riuscito a raccogliere (e a distribuire) l’astronomica cifra di 120 milioni di dollari, in parte grazie alle donazioni on-line. Non può spenderli per fare propaganda personale, ma può rafforzare tutti quei candidati che rappresenteranno le sue “truppe cammellate”.

Insomma, quello che non riesce a fare con l’intelligenza politica, arriva a farlo con i dollari. Salvo che la magistratura che ha mosso l’Fbi nel corso della notte -cassaforte perquisita, portati via documenti-, non ci offra a breve altra e ancora più clamorosa soluzione.

Cosa cercava l’Fbi e cosa rischia Trump

Ecco cosa sappiamo, attraverso l’agenzia Reuters. L’ex presidente aveva rifiutato di consegnare agli archivi i documenti che Trump avrebbe portato via dalla Casa Bianca, cedendo solo a gennaio Ma potrebbe non aver dato tutto. Si parla di scatole contenenti molte pagine di documenti riservati. L’avvocatessa di Trump, Christina Bobb, presente durante la perquisizione, ha confermato che gli agenti cercavano “carte”.

Il Presidential Records Act disciplina la conservazione dei materiali della Casa Bianca. Con reato penale, per chi “nasconda, rimuova, mutili, cancelli o distrugga intenzionalmente e illegalmente documenti governativi”. Per procedere alla perquisizione, l’FBI ha certo dovuto convincere un giudice che era stato commesso un crimine e gli agenti avrebbero potuto trovare prove nella residenza.

Di Piero Orteca da

9 Agosto 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale.