DI GIOACCHINO MUSUMECI
Alessandro di Battista ha scelto di non candidarsi, non si fida politicamente di Beppe Grillo, la qual cosa non è piaciuta a tanti. Così sono piovute le critiche dell’utenza delusa.
Due parole: intanto spero Di Battista sia libero di pensare come meglio crede, compreso che Grillo è un problema, come del resto testimonia la storia del Movimento che spero non si voglia negare proprio ora.
E’ stato Grillo a dire che Draghi è un grillino.
E stato Grillo a farneticare su ragioni fumose come strani ministeri di altrettanto strane transizioni ecologiche dettate da un ministro renziano utile come uno sciacquone divelto.
E’ Stato Grillo a dileggiare pubblicamente e pesantemente Giuseppe Conte seminando sconcerto e offrendo ulteriori elementi distruttivi agli avversari e non solo. Il corollario di certi veleni esautoranti sono le scissioni studiate all’insaputa del garante che ne ha seminato il germe, L’elevato visionario che sa tutto escluso ciò che accade in casa sua..
E’ stato Grillo a dialogare segretamente con Draghi ed è stato sempre Grillo a raccontare che Draghi gli chiedeva la testa di Conte, salvo poi negarlo dando l’opportunità a Draghi di imbastire una sceneggiata demenziale in cui dare del bugiardo sia a Grillo che a De Masi oltre minimizzare Conte.
Per conto mio, dato che Grillo da un po’ fa solo danni gravissimi, Di Battista ha tutte le ragioni per non fidarsi e dire no grazie. E se nessuno gli ha offerto garanzie credibili sul fatto che l’elevato si moderi una volta per tutte, ha operato una scelta più che logica.
Evidentemente l’utenza grillina aveva riposto grandi aspettative sulla figura di Alessandro pensando che il garante sia un dato irrilevante mentre è l’orpello interno più ingombrante per lo stesso Movimento.
Al di la di questo forse ciascuno di noi dovrebbe ipotecare il proprio futuro non quello altrui, cerchiamo pace.
Le aspettative… Nulla di peggio che giudicare una candidatura politica sulla base di aspettative personali che eludono ogni speculazione oggettiva, ciò naturalmente per quanto mi riguarda.
A questo punto regna la confusione: non si capisce se candidarsi, oltre possedere idonei requisiti, sia una scelta autonoma o il pagamento di un debito contratto con elettori che sollevano diritti di proprietà sulla vita altrui.
Più che della candidatura negata di Alessandro di Battista mi preoccuperei del vuoto di nominativi spendibili su cui l’elettorato non dice una parola.
In sintesi se Di Battista ha scelto di non candidarsi, rispettarne la volontà potrebbe essere un ipotesi democratica accettabile?
Direi di si.