PIANGE IL TELEFONO

DI ORSO GRIGIO

 

E io che avevo silenziato il telefonino per non essere disturbato.
Sì, perché mi sarei aspettato valanghe di chiamate per offrimi una candidatura, un ruolo da spin doctor, chiedermi un supporto per la campagna elettorale, almeno un consiglio, solo per un saluto, qualcuno che avesse sbagliato numero…
Niente, calma piatta, zero assoluto.
Nemmeno uno di Wind con la nuova offerta mirabolante.
Il mio telefono è più taciturno di me. Dev’essere vero che alla fine ci si somiglia anche con gli oggetti che usiamo.
Non che fossi interessato a entrare in politica, no di certo, però mi sarebbe piaciuto declinare le offerte.
Ero talmente convinto che mi avrebbero cercato che mi ero già appuntato le motivazioni del rifiuto.
A Fratoianni, baluardo di cartapesta di una sinistra che non c’è mai stata, avrei detto che anch’io ho una certa pratica di testa coda, ma di natura un po’ diversa e comunque niente di paragonabile al suo: dall’opposizione all’agenda draghi, in un lampo.
L’hanno chiamato accordo per le urne: sì, quelle cinerarie.
C’erano altre possibilità, altri percorsi possibili, che avrebbero salvato dignità e coerenza, ma richiedevano coraggio, e forse non garantivano un seggio sicuro. Meglio il più rassicurante e remunerativo Letta, che il seggio lo garantisce, e a quanto pare avanzerebbe pure un grazioso cadeau per la moglie.
Ma saranno le solite malelingue.
Gli avrei anche detto che lì dentro conterà un po’ meno di niente, ma temo che di questo alla fine gli importi poco.
Bella la sinistra dalla parte delle persone.
A speranza avrei detto che la sua carriera deve essere parecchio importante se l’ha convinto a cospargersi il capo di cenere e recitare la parte del figliol prodigo che di fatto rientra nel pd. E Bersani, una delle poche risorse da preservare, si ritira. Magari proprio per l’imbarazzo davanti alla scelta del suo segretario, ma questo è solo quello che mi piace pensare perché un po’ gli voglio bene.
A Bonelli, altro mestierante navigato di questo ridicolo teatrino, avrei detto che se lui difende l’ecologia, a me viene la voglia irrefrenabile di nucleare, sversare il serbatoio della Subaru nella Chiana e buttare l’indifferenziata nell’umido.
A Letta avrei detto che quando io ero di Sinistra a lui cambiavano ancora i pannolini e quando poi avevo perso già tutto quello che c’era da perdere, lui doveva ancora imparare a farsi le seghe. Così, tanto per scandire un po’ il tempo e la diversità. E chiarire che io sono talmente di Sinistra che quell’accrocco informe che rappresenta, finché c’è lui, io non lo voterò mai. Però mi sarei anche complimentato per la lungimirante strategia politica e per quegli occhi da tigre che mi ricordano tanto quelli del grande puffo in coma irreversibile.
Alla Bonino avrei chiesto dov’è finita quella vera.
A Calenda… ma Calenda chi? No, scherzo, lo so chi è… A lui avrei chiesto come sta il cigno.
A Renzi avrei detto “xzzxprcxzypttxkyfculywzxyxzywkxzryxxzywkyywx…” però con misura.
A Di Maio, Tabacci, Pizzarotti… va beh dai, ma proprio tutti tutti…
A Berlusconi avrei fatto i complimenti per il prossimo futuro da ministro degli esteri, come ipotizzato da qualche genio della lampada. E l’avrei rassicurato sull’inglese, dicendogli che non gli serve impararlo. Potrà continuare a biascicare normalmente, che tanto in che lingua lo fa non si capisce lo stesso.
Mi sarei complimentato anche per la scelta della Ronzulli al Ministero della Salute, sempre secondo il genio di prima. La lunga esperienza come sua accompagnatrice dev’essere stata molto formativa. E soprattutto redditizia.
A Salvini… no, al citofono non rispondo.
Alla Meloni avrei detto che non mi fa paura. L’infarto sospeso mi fa paura, il cancro, l’alzheimer, il terrore di dover dipendere da qualcuno ed essere costretto a vivere per forza mi fanno paura, ma non lei.
Lei è solo pulviscolo indefinito, trascurabile.
Vinca pure e poi provi a mantenere le cazzate che ha promesso, che i primi a sfancularla saranno proprio quelli che l’hanno votata.
E se la sua schiacciante vittoria, qualora ci fosse davvero, con maggioranza bulgara e Costituzione riscritta, causerà quella specie di Big Bang che io in qualche modo auspico da tempo, quello shock servirà a ripristinare eventuali malfunzionamenti nelle corrette sinapsi cerebrali degli italiani che potranno così tornare a produrre pensieri logici di senso compiuto. Certo, partiamo da un livello infimo, se è vero che 8 persone su 10 ritengono giusto evadere le tasse, e le speranze sono poche, ma potremo sempre confidare nei Maya o nel meteorite.
A Grillo avrei detto di andarsene affanculo, però sobriamente.
E sempre con rispetto parlando.
A Conte avrei detto che non ha avuto abbastanza coraggio quando bisognava averne, e avrei cercato di capire se si trattasse davvero di coraggio o di idee un po’ troppo annacquate rispetto alle mie. In ogni caso, pavidità o diversità di vedute, avrei declinato anche il suo invito, però garbatamente.
Ah, semmai mi sarei proposto per valutare i curriculum dei nuovi aspiranti parlamentari, perché un’altra orda di scappati di casa come la precedente, anche no.
Mi basta una foto per capirlo: affidabile oppure no.
Risultato garantito.
A Di Battista avrei detto che ha fatto bene a tirarsi fuori. Fra lui e Conte temo che ci sia un abisso di vedute incolmabile e che nessuno dei due sia disposto a mediare più di tanto. Insieme avrebbero durato tre mezz’ore. Forse meno.
Perciò va bene così. Alessandro continuerà a fare politica in qualche altro modo e non è detto che sarà meno efficace. Egoisticamente mi dispiace perché l’avrei votato convintamente, ho molto in comune con lui, perfino troppo, a partire dalla stessa passione, da un filino di intransigenza e da una sottile avversione verso l’atlantismo inteso in maniera così totalmente ottusa e prona. E poi abbiamo la stessa sindrome: violenti attacchi di palletico urticante ogni volta che sentiamo parlare di agenda Draghi.
Ma lui non candida e io non voterò.
Sia chiaro però che quello di non votare non lo ritengo un vanto né un merito, anzi. E’ solo la mia idea, e sono perfino disposto a cambiarla se da qui al 25 arriveranno segnali di fumo che capisco e che mi piacciono.
Io non ho pretese di verità, quelli che ce l’hanno li trovate su La7.
Se però, come è successo nel post di qualche giorno fa, la mia scelta di astensione così ostentata e provocatoria convincerà molti di voi che è invece giusto fare il contrario e andare a votare, vuol dire che quella provocazione ha funzionato e a me fa solo piacere.
Si chiama confronto.
Un’altra cosa: io non ci proverei nemmeno per scherzo a dirvi per chi votare, la mia promessa di farlo era evidentemente ironica anche se qualcuno l’ha presa troppo sul serio.
Vi ritengo troppo liberi e intelligenti per riuscire a sbagliare da soli.
Io con voi sono sincero, perché vi fidate di me e la vostra fiducia devo meritarla, ma alla fine dovete pensare a me come quel cartello che si vede attaccato dietro certe auto: “Non seguitemi, mi sono perso anch’io”.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante telefono