DI ENNIO REMONDINO
Guerra d’Ucraina, jihadismo, confronto con la Cina e nucleare iraniano: su questi dossier gli interessi delle due sponde dell’Atlantico non coincidono, ma per un Vecchio Continente privo degli strumenti adeguati sarà difficile avere voce in capitolo. Soprattutto fino alle elezioni di metà mandato della presidenza Biden. Limes sempre sintetico e chiaro.
Elezioni Usa, rischio danni mondiali
Elezioni americane di metà mandato della presidenza Biden. «Una tornata elettorale pericolosa tanto per il presidente Joe Biden quanto per i democratici, incalzati entrambi dall’incubo di un ritorno sulla scena di Donald Trump e perennemente accusati dai repubblicani di non fare abbastanza per preservare il primato dell’America nel mondo», la premessa di Giuseppe Cucchi. «Tralasciando i grandi interrogativi sociali e morali che minano la stabilità interna americana, la panoramica strategica internazionale degli Stati Uniti è segnatamente convulsa».
Quattro crisi aperte, troppe
- Primo, il sostegno costante di Washington all’Ucraina nel suo conflitto contro la Russia.
- Secondo, la ripresa della «war on terror» con l’uccisione dello storico capo di Al Qaida a Kabul.
- Terzo, l’intensificarsi della tensione con la Cina a seguito del viaggio a Taiwan della presidente del Congresso Nancy Pelosi, pubblicizzato al punto da risultare pesantemente provocatorio per la dirigenza di Xi Jinping.
- Quarta tensione, in parte attuale e in parte potenziale, ossia quella verso l’Iran che, dopo la duplice denuncia degli accordi a suo tempo faticosamente raggiunti a Vienna, ha intensificato le sue attività nel settore ed è ormai a un passo dal divenire una potenza nucleare in ambito militare.
Quadro pesante o Stati Uniti pesanti?
«Il quadro generale è quindi pesantissimo per gli Usa», la valutazione di Cucchi. Troppi fronti aperti ma la situazione politico economica interna e la incombenti elezioni di medio termine impediscono una selezione seria di priorità, «col presidente Biden che verrebbe immediatamente bollato dai repubblicani quale cedimento pericoloso nella difesa a 360 gradi degli interessi e dei valori nazionali americani, e in quanto tale venduto all’elettorato».
Sempre America First, ma…
«Il gigante americano considererà in primo luogo la propria questione interna anteponendola senza esitazione a quelle esterne, noncurante del coinvolgimento a cascata di numerosi altri protagonisti», sostiene Limes. Usa superpotenza militare, ne ha la forza politica?
Pericolo «overstretching»
L’America chiamata a combattere contemporaneamente tre o forse quattro guerre ibride per tempi medi o lunghi rischia un “eccesso di impegno”, quello che si definisce “overstretching”. «Ciò potrebbe indurli a trascinare con sé anche i propri alleati. È quanto le grandi potenze hanno sempre fatto. Negli ultimi 200 anni della sua vita l’impero romano fece ricorso quasi esclusivamente a truppe barbare per le sue guerre, mentre negli ultimi 50 si alleò con i regni romano-barbarici per resistere al pericolo della devastazione».
Europei legati mani e piedi
«In quanto principali alleati degli Stati Uniti, noi europei siamo legati all’egemone americano da una intricata serie di trattati e alleanze nonché dalla condivisione di buona parte dei valori fondamentali. Allo stesso tempo il nostro permanente frazionamento e la nostra costante dipendenza alla Nato a fini difensivi ci ha finora precluso (tranne che in rarissime occasioni) la possibilità di assumere posizioni autonome o addirittura in contrasto con quelle di Washington».
Tensioni e guerre a vantaggio di chi?
Rischio di essere coinvolti in guerre dove almeno parte dei nostri interessi non coincideranno con quelli statunitensi. In parte sta già accadendo nel conflitto russo-ucraino, poiché l’onere di embarghi e sanzioni contro Mosca gravano quasi integralmente dall’Europa. E -aggiunge Cucchi-, «anche nel caso di un risveglio del jihadismo, le conseguenze ricadrebbero principalmente sui paesi europei, più agevolmente accessibili di un’America protetta dalla vastità dell’Oceano Atlantico».
Conti a saldo in conto terzi
«Con l’Iran il discorso è più o meno lo stesso, con il peso delle sanzioni principalmente sulle spalle tedesche e italiane». E il caso della Cina, vicina a prendere il posto di vertice attualmente occupato dagli Stati Uniti. La tensione più preoccupante per Washington, «al punto da poterla indurre a colpire adesso che la bilancia di potenza è ancora a suo favore». E gli Usa non si muoverebbero certamente soli. Tutti gli alleati asiatici, ma quelli europei?
Anche qui c’è una netta divergenza di interessi fra i due lati dell’Atlantico, considerato l’aperturismo del Vecchio Continente a fruttuose collaborazioni con il colosso cinese in moltissimi campi.
La nuova Nato americana
La Nato dopo il vertice di Madrid. «La Nato delegata a fungere da tramite per il pressoché automatico coinvolgimento europeo qualora la tensione fra Stati Uniti e Repubblica Popolare degenerasse in conflitto aperto», sottolinea Limes. Con qualche legittimo dubbio da parte nostra. «Siamo pronti a entrare in un’arena di questo genere, col rischio di fare la fine dei vasi di coccio contro quelli di ferro?».
Regni romano-barbarici di frontiera
“Da bravi regni romano-barbarici di frontiera, saremo costretti a marciare disciplinatamente nella direzione ordinata dall’impero americano, affrontando attraverso la Nato tutte le tensioni che affliggono ora gli Stati Uniti. Sfide che Washington gestisce pensando alle proprie esigenze di politica interna più che alle conseguenze delle proprie scelte in ambito internazionale”.
Da:
13 Agosto 2022
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