DI ENNIO REMONDINO
«Chips e clima contro la Cina, la strategia africana degli Usa, l’Ucraina nucleare», il riassunto geopolitico della settimana ferragostana proposto da Limes. Tecnologia, scontro Usa-Cina, guerra d’Ucraina, energia. Notizie e spunti di riflessione approfittando della quasi vacanza di notizie ma non dai guai che nella disattenzione crescono.
La centrale di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa e la nona al mondo.
Chips e clima contro la Cina
«Due leggi degli Stati Uniti e un testo (white paper) della Repubblica Popolare Cinese riassumono l’andamento dello scontro tra Usa e Cina questa settimana. Con qualche anticipazione per il futuro e qualche messaggio ad altri attori», la premessa di Niccolò Locatelli. ‘Chips Act’, 52 miliardi di dollari di sussidi per le imprese nel settore dei semiconduttori, per riportare a casa la produzione di chips e ridurre la dipendenza dalla Cina, che nel 2030 dovrebbe produrre un quarto dei semiconduttori al mondo.
“White papers” cinesi
Il “white paper cinese” su Taiwan. Il primo documento di Pechino a non escludere l’invio di personale amministrativo e militare dopo la riunificazione, che Pechino vorrebbe realizzare pacificamente. Testo probabilmente pronto da tempo, pubblicato dopo la visita a Taipei della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi, seguito dai sanatori Usa a Ferragosto. Per Locatelli, segno di debolezza cinese. «Negli stessi giorni in cui gli Stati Uniti approvano una legislazione che vuole colpire ‘da remoto’ la Cina comunista, quest’ultima deve rivendicare il futuro controllo di un territorio a pochi chilometri dalle sue coste».
Ucraina nucleare
L’Energoatom ucraina accusa la Russia di aver colpito troppo vicino alla centrale nucleare di Zaporižžja, la più grande d’Europa con sei reattori. Mirko Mussetti segnala come la stessa accusa era stata fatta dalle forze di Mosca contro l’esercito di Kiev. Il presidente ucraino Zelens’kyj accusa Mosca di «terrorismo nucleare». Per il rappresentante russo all’Onu, «sono gli atti criminali di Kiev a spingere il mondo sull’orlo di un disastro nucleare paragonabile a Černobyl’». Al momento un interesse convergente russo-ucraino a mantenere in funzione e in relativa sicurezza il mostruoso impianto.
La centrale di Zaporizhzhia
È la più grande d’Europa e la nona al mondo, e prima della guerra produceva un quinto dell’energia elettrica dell’Ucraina. I russi l’hanno conquistata, nei primi giorni di marzo, dopo un attacco durante il quale bombardarono alcuni edifici periferici della centrale tra molte proteste internazionali. Controllo militare russo ma personale ucraino a gestire l’impianto. La centrale continua a produrre energia che viene inviata anche nelle zone ucraine non occupate dai russi. Non ci sono infrastrutture che separino le reti, e chiudere la centrale sarebbe complicato e pericoloso, e renderebbe difficilissimo riaprirla in seguito.
Strategia africana Usa
«Con gli occhi del mondo puntati su Taiwan, il segretario di Stato Usa Antony Blinken vola in Africa per pubblicizzare la nuova strategia della Casa Bianca per l’area sub-sahariana», segnala Luciano Pollichieni. “L’Africa essenziale per il futuro del pianeta”, indora Biden, «ma sembra la solita strategia di contenimento di Mosca e Pechino in un contesto diverso», la valutazione terza più diffusa. E Blinken si ripete: gli Usa difensori dell’integrità territoriale degli Stati africani anche contro Russia o Cina. «Insomma, che sia per il cambiamento climatico, la sicurezza o lo sviluppo del continente, la superpotenza vuole tornare in Africa. Il punto adesso è convincere gli africani della sua buona fede».
Energia, emergenza nazionale tedesca
Allarme rosso della Confindustria tedesca. «La Repubblica Federale si trova nel mezzo della più ingente emergenza della sua storia». Sulla minacciosa crisi del nucleare francese abbiamo letto sabato Piero Orteca. Per la Germania, motore industriale d’Europa, qualche problema immediato in più, segnala Giacomo Mariotto. Secondo l’Istituto Techem, i costi per il riscaldamento potrebbero salire dal 75% al 92% entro la fine anno a colpire 20 milioni di famiglie. Tensioni sociali in vista, per non parlare della temuta crisi industriale e occupazionale da chiusura impianti per carenza di energia.
Germania diseguale in casa
Basta energia russa per il 76 dei cittadini occidentali, ma solo il 54% favorevole a rompere i legami gasieri con Mosca dall’ex DDR. Il disagio interno della Germania è strettamente collegato al conflitto in Ucraina e alle tensioni globali, Taiwan compresa. Finora il governo tedesco è riuscito a rimanere allineato alla politica atlantica, «ma una guerra nei Mari Cinesi potrebbe mutare radicalmente il suo orizzonte strategico».
“Dopo la rinuncia al suo principale fornitore di energia (la Russia), la Germania si troverebbe costretta a disaccoppiare rapidamente la propria economia da quella del suo principale partner commerciale (la Cina). Una responsabilità che potrebbe rivelarsi insostenibile per l’industria nazionale e inaccettabile per la maggioranza dell’opinione pubblica”.
Da:
16 Agosto 2022
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