DA REDAZIONE KULTURJAM
In una campagna elettorale asfittica, che vede le parti in campo sfidarsi più su visioni identitarie che sui contenuti, ecco sbucare una proposta concreta di Fratelli d’Italia: la nazionalizzazione della TIM. Scopriamo le carte…
TIM, Alessio Butti (Fratelli d’Italia) a sorpresa propone la nazionalizzazione
La storia di Telecom Italia (oggi TIM), ex monopolista pubblico delle telecomunicazioni, è nota: nel 1997 il Governo guidato da Romano Prodi dà il via libera alla più sciagurata delle privatizzazioni, poi nel 1999 il Governo D’Alema consente alla Olivetti di Roberto Colaninno di fare un’OPA a debito, 21 miliardi di cui l’azienda (che nel tempo è passata nelle mani di Pirelli, poi di un consorzio di banche assieme a Telefonica, e oggi di Vivendi) non si è più liberata.
Come se non bastasse, nel 2015 lo Stato italiano crea –assieme a ENEL– Open Fiber, che avrebbe l’obiettivo di realizzare la rete in fibra FTTH in una improbabile concorrenza con Telecom (qui la storia).
I maligni dicono che Renzi lo abbia fatto come vendetta perché Telecom era sì disposta a creare una società autonoma per la gestione della rete, ma mantenendone la maggioranza: il che, se non è vero, è quantomeno verosimile, dato il carattere del personaggio.
Pietro Labriola, AD di TIM
Con i ricavi in lieve ma costante calo (vedi i risultati del Q2 2022 ), compensati da anni di pesanti politiche di riduzione dei costi, la proprietà francese ha dato mandato all’AD Pietro Labriola di trovare una soluzione drastica: TIM venderebbe la rete (con 20.000 dipendenti) a Open Fiber, controllata da Cassa Depositi e Prestiti, e resterebbe con la sola parte commerciale (circa 17.000 dipendenti) che, operando alla pari degli atri operatori quanto a vincoli regolatori, potrà fare meraviglie (“emergere i multipli” dice il gergo finanziario, che qui come altrove somiglia alle promesse del Mago Nicola), anche perché il ricavato della vendita della rete andrebbe ad alleggerire il debito.
Mago Nicola
Lo stop di FdI al “camerata” Bolloré, il silenzio del PD
Ora, con TIM che tutta intera vale in Borsa 5 miliardi, Vivendi –che la controlla con il 23,75%– ne vorrebbe 34 per la sola rete.
Perché, si chiede il responsabile TLC (e futuro Ministro delle Comunicazioni?) di FdI Alessio Butti, lo Stato italiano dovrebbe fare questo regalo a un privato, per di più straniero? A nulla vale che Vincent Bolloré sia il principale sostenitore di Eric Zemmour, leader dell’ultradestra francese: CDP con un’OPA compri TIM e questa assorba Open Fiber, successivamente TIM venda per 13 miliardi le attività commerciali (cioè il parco clienti) agli altri operatori, consolidando il mercato italiano su 3 anziché 4 player, venda TIM Brasil per 4 miliardi, e resti –con il debito fortemente ridimensionato– a fare il gestore wholesale only della rete, cioè vendendo all’ingrosso a Vodafone, Wind, Fastweb, ecc..
Resterebbe da capire che fine farebbero i 17.000 lavoratori della parte commerciale una volta suddivisi pro quota fra le altre aziende di TLC, tutte già gravate da un eccesso di manodopera, ma su questo Butti non fornisce indicazioni né previsioni.
Perchè dal centrosinistra non si leva nemmeno una flebile voce sull’argomento?
Da che mondo è mondo, le privatizzazioni sono di destra e le nazionalizzazioni di sinistra (con i dovuti distinguo, giacché Mussolini creò l’IRI per salvare le banche ma privatizzò proprio la telefonia, valutate voi se queste due operazioni rientrano fra le famose “cose buone”; la telefonia tornò in mano pubblica alla fine degli anni ‘50): possibile che dal centrosinistra non si levi nemmeno una flebile voce sull’argomento?
TIM ha 37.000 lavoratori più quelli dell’indotto, il cui numero è difficilmente quantificabile ma si aggira comunque sulle decine di migliaia fra installatori di rete e outsourcer di call center e dell’informatica, almeno un bieco calcolo elettorale dovrebbe indurre a prendere una posizione.
Senza vergognarsi di parlare di nazionalizzazione, che non necessariamente porterebbe all’isolamento internazionale come accadde alla Cuba di Castro: ormai anche Macron ha dichiarato che vuole riportare sotto il controllo dello Stato francese il colosso dell’energia EDF.
Il pulmino elettrico di Enrico Letta
E invece Letta, oltre a cincischiare su legge Zan (grazie alla quale Mario e Gaetano avranno finalmente la possibilità di sposarsi, ma a causa al Jobs Act entrambi saranno precari sottopagati e quindi non lo potranno fare, così come per gli stessi motivi non possono farlo molte coppie eterosessuali), ius scholae (che consentirà agli immigrati di essere sfruttati come italiani e non come stranieri) e liberalizzazione della cannabis (ma solo se coltivata in proprio, quindi chi ha la casa senza giardino né balcone si attacca al tram), dichiara con enfasi che farà la campagna elettorale girando l’Italia su un pulmino elettrico.
A sentirgli dire “qualcosa di sinistra” abbiamo rinunciato da tempo, ora però abbiamo più chiaro perché i lavoratori votano a destra.
Da Redazione Kulturiam
17 Agosto 2022
Foto in copertina Alessio Butti in celeste corrispondenza d’amorosi sensi con Giorgia Meloni.