DI LEONARDO CECCHI
Aveva ottant’anni, eppure lo torturarono per quattro settimane di fila. Un mese di dolore, privazioni, pressioni di ogni sorta e genere. Tutto per fargli rivelare un segreto custodito gelosamente: dove avesse nascosto i tesori romani di Palmira, la città patrimonio dell’umanità che si trova in Siria.
Khaled al Asaad, archeologo, la custodiva da più di mezzo secolo, dal 1962. Ne era direttore, “guardiano”, custode. Palmira era la sua vita e quando nel 2015 si rese conto che l’Isis stava avanzando verso la città, nascose le opere d’arte per proteggerle dalla barbarie, dal furto e dalla distruzione degli jihadisti. Per questo venne rapito e torturato.
Ma Khaled non parlò. A ottant’anni resse un mese di torture indicibili, ma non parlò. Allora gli jihadisti, quando si resero conto che non gli avrebbero tirato fuori una sola parola, ebbero un’idea: lo trascinarono nel centro della sua Palmira, nell’anfiteatro romano, dove era entrato mille volte come direttore del sito, quando non c’era la guerra; poi chiamarono una folla e lo decapitarono lì, in pubblica piazza, per poi appendere il corpo ad una colonna.
Veniva ucciso oggi, 18 agosto, Khaled al Asaad. Grande uomo, grande persona che ha insegnato il significato della parola onore, senso del dovere e sacrificio, e la cui memoria è da tramandare come esempio per tanti.