LA PASSIONE DI PETRECCA SECONDO ROMANO

DA REDAZIONE

 

Bufera su Paolo Petrecca, immortalato con Matteo Salvini in un selfie in Calabria. A guidare la crocifissione del direttore di Rai News 24 è il Partito Democratico, che ha delegato il compito ad Andrea Romano, specialista nel dare fuoco alle polveri: «Uno spettacolo imbarazzante per l’autonomia di qualunque giornalista Rai e tanto più grave per chi ha la responsabilità di guidare il canale all news della Rai in queste settimane di campagna elettorale».
Ad essere onesti, un’obiettiva analisi porterebbe a declassare la bufera in leggera brezza.
La funzione del giornalista è informare la collettività, mettendola in relazione diretta con i fatti. Perché questa relazione si mantenga diretta, quindi genuina, è necessario che il giornalista agisca in completa autonomia, respingendo ogni indebita interferenza da parte di chi ha tutto l’interesse ad incidere su quella relazione. Per questo la Carta dei Doveri è perentoria nel sancire che il giornalista «accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali».
Ma l’autonomia e la credibilità del giornalista sono minate da fatti concreti, non da presunzioni. Una foto insieme al leader di un partito, per giunta in un contesto pubblico, è un po’ poco per decretarne la sudditanza. La deontologia non vieta al giornalista di cenare con un politico, perché il giornalista può dal politico trarre indicazioni utili all’espletamento della propria funzione. Andrea Romano ha trovato il classico pelo nell’uovo e lo ha trasformato in un cavo elettrico, trattando Petrecca alla stregua di un magistrato sorpreso a stringere la mano ad un mafioso.
Personalmente sarei molto più diffidente verso un giornalista iscritto ad Aspen Institute Italia, per esempio, soprattutto considerando il destino che l’istituto riserva loro, quello di partecipare «a gruppi di lavoro e task force che affrontano specifici problemi del panorama politico ed economico», in un’associazione sostenuta e finanziata dai più importanti imprenditori e banchieri e la cui missione è «l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese […] con un’attenzione particolare alla business community italiana e internazionale».
Giornalisti come Lucia Annunziata, Paolo Mieli, Gianni Riotta si trovano, per statuto, nelle task force suddette accanto a personaggi come John Elkann, Enrico Letta, Romano Prodi, Giorgia Meloni, Emma Marcegaglia, Francesco Profumo, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera, Giuliano Amato. Nella piena consapevolezza di dover aderire al «metodo Aspen», che per statuto «privilegia il confronto e il dibattito a porte chiuse, favorisce le relazioni interpersonali […] in condizioni di assoluta riservatezza».
Quale comportamento costituisce maggiormente una minaccia all’autonomia del giornalista? Una task force con quei signori in condizioni di assoluta segretezza, o un selfie con Salvini?

Di Antonello Tomanelli 

Foto da “Il Fatto Quotidiano”