DI GIORGIO CREMASCHI
L’11 luglio 1992 il governo decretò la privatizzazione di tutto il sistema produttivo pubblico, che nel decennio successivo fu smontato e svenduto, in gran parte a multinazionali estere. Il Presidente del Consiglio era Giuliano Amato; il direttore generale del Tesoro con delega alle privatizzazioni era Mario Draghi.
Il golpe economico del 1992
L’Italia di oggi, con un sistema industriale e finanziario debole ed esposto a tutti i capricci delle multinazionali e della speculazione e con un mondo del lavoro precario e sottopagato, ha una data d’inizio nel 1992.
Certo l’affermazione delle politiche liberiste nel nostro paese ha tempi più lunghi e diffusi, comincia alla fine degli anni 70 con l’austerità, passa per la sconfitta sindacale alla FIAT e per la decisione di separare la Banca d’Italia dal Tesoro, ha un punto cardine nel taglio alla scala mobile.
Tuttavia tutte queste misure liberiste non definivano ancora pienamente il nuovo sistema, che invece venne sanzionato da una sorta di golpe economico attuato in un solo mese, nel luglio 1992, dal governo di allora.
In quelle settimane il finanziere Soros stava alimentando vaste speculazioni sulle monete europee, lira e sterlina in testa, mentre da pochi mesi era stato firmato il Trattato di Maastricht, che avrebbe fatto del liberismo e dell’austerità i cardini della UE.
In quel contesto il governo di allora decise di smontare per decreto i cardini del sistema italiano: la presenza pubblica determinante nell’industria, nelle banche e nei servizi strategici e un sistema salariale e contrattuale che tutelava i lavoratori.
L’11 luglio il governo decretò la privatizzazione di tutto il sistema produttivo pubblico, che nel decennio successivo fu smontato e svenduto, in gran parte a multinazionali estere.
Il 31 luglio fu imposto ai sindacati il peggiore accordo della loro storia repubblicana. Fu abolita definitivamente la scala mobile, furono bloccati i contratti nazionali e quelli aziendali, fu dato il via alla precarizzazione dei rapporti di lavoro, furono tagliate le pensioni.
Tutto il peggio in una volta sola. CGIL-CISL-UIL piegarono la testa, pur brontolando e con qualche crisi interna poi rientrata. Da allora i salari ed i diritti dei lavoratori cominciarono a sprofondare.
Quando oggi vediamo la multinazionale finlandese Wartsila chiudere lo stabilimento di Trieste, con 451 licenziamenti, per riportare in patria le produzioni ad alta tecnologia, dobbiamo ricordare che questo è il frutto finale della privatizzazione della Grandi Motori.
Quante imprese strategiche sono state distrutte cosi! E il Decreto Concorrenza che privatizza e liberalizza ciò che resta dei servizi pubblici è l’ultimo erede di quello del 1992.
Quando le statistiche ci dicono che l’Italia è l’unico paese OCSE che ha visto calare i salari negli ultimi trent’anni, dobbiamo ricordare che appunto nel 1992, e con il successivo accordo del 1993, fu costruito un sistema contrattuale unico in Europa, che blocca le retribuzioni quando l’economia va male e rende impossibile il loro aumento quando va bene. L’austerità contrattualizzata.
L’Italia ingiusta ed impoverita di oggi è stata programmata dal governo che trent’anni fa distrusse in un mese i cardini del sistema economico e sociale.
Ah avevo quasi dimenticato. Il Presidente del Consiglio allora era Giuliano Amato, ora a capo della Corte Costituzionale. Mentre il direttore generale del Tesoro con delega alle privatizzazioni era Mario Draghi.
Ecco, secondo me avrebbero dovuto essere cacciati allora, ma non è mai troppo tardi.
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19 Agosto 2022