DI ANTONELLA PAVASILI
E tra bollini neri, partenze più o meno intelligenti, ritardi dei mezzi di trasporto, condizioni meteo dubbie, fila ai traghetti, che da noi si misura in ore non certo in chilometri, si consuma il rito del rientro dalle vacanze.
C’è la signora Maria che, di nascosto dalla figlia, infila nella valigia aperta sul letto della sua cameretta da ragazza la conserva di pomodoro appena fatta e il vasetto con le melanzane sott’olio.
Queste serviranno per quando arriva, in seguito farà il pacco come si deve e lo spedirà dalle Poste.
C’è il signor Giuseppe che si nutre delle ultime ore coi nipotini come se fossero aria.
Li annusa, li accarezza, li guarda, li fotografa.
Lui, che sembrava così restio a queste robe moderne, ha comprato lo smartphone e ha imparato ad usarlo quanto basta per stare su whatsapp e su Facebook.
Così può vederli sempre, vedere come crescono, come stanno.
Ma poi, chissà perché, quando torneranno per le vacanze di Natale gli sembreranno lo stesso tanto cambiati, cresciuti…
Ci sono gli zii, i cugini, gli amici che hanno fatto a gara per organizzare cene e pranzi memorabili.
Tavolate lunghissime, colme di ogni ben di Dio.
E la pasta “ncaciata”, e le melanzane ripiene, e le braciole, e la frittura di pesce, e gli arancini, e i cannoli.
Non può, non deve mancare niente.
Gli ospiti dalle parti nostre sono sacri, vanno trattati col massimo riguardo.
Anche se si tratta di una sorella o di una zia.
E poi ci sono i saluti con i padrini e le madrine, con la comitiva del mare, con i vicini che non hanno mai fatto mancare la frutta fresca, con gli amici di vecchia data.
E quelle valigie lì, sul letto.
Che si riempiono di vestiti, regalini, barattoli, carezze date e ricevute, tramonti, falò in spiaggia, granite, abbracci e nostalgia.
Tanta, tantissima nostalgia.
Che prende il cuore, che preme sulle ciglia, che stringe la gola.
Di chi parte e di chi resta.
Nostalgia di una terra che ovunque tu vada te la porti dentro.
Nella parlata che, anche se è un po’ cambiata, è sempre meglio di una carta d’identità.
Nella voglia di tornarci, ancora prima di essere partiti.
Nel sole che ha cotto la pelle e schiarito i capelli.
Nel mare che avvolge l’anima, che riempie ogni angolo del cuore, che sembra volerti trattenere quando quel traghetto si stacca dal porto e si infila nello Stretto.
E ciao.
Tanto si torna presto.
Tanto è come se in fondo non si partisse mai.
Perché ovunque si vada, la Sicilia resta sempre dentro chi ci è nato.
Buon rientro a tutti ❤️
La meravigliosa foto è di Marcello Santalco