IL BUFFET

DI MARIO PIAZZA

 

Quando apre un buffet, buono o cattivo che sia, che gli invitati siano ricchi o poveri, eleganti o cafoni, a qualsiasi latitudine si scatena la guerra.

Ci sono quelli che aspettavano col piatto in mano già da un quarto d’ora, quelli che abbandonano qualsiasi conversazione per lanciarsi con uno scatto da centometrista, quelli che saltano la fila, quelli che la fila neppure sanno cosa sia e contano sulla capacità offensiva dei loro gomiti, quelli che pietiscono una precedenza a favore di una moglie gravida, quelli che sono amici dei cuochi e riescono a farsi riempire il piatto anche se stanno due file più indietro, quelli che aspettano l’assottigliarsi della folla famelica sperando che rimanga qualcosa anche per loro.

E’ a questo che mi fa pensare la lotta per le candidature, uno spettacolo indegno reso questa volta ancora peggiore dal fatto che il cibo non basta per tutti. Davanti alla frenesia di strafogarsi tutto il resto non conta più nulla, a sembrare persone normali e civili ci penseranno solo quando riusciranno ad allontanarsi soddisfatti con il loro piattone traboccante di fritture e di insalate.

La fame è fame. Fanculo l’eleganza, la coerenza, le idee, gli amici e soprattutto gli elettori.