DA REDAZIONE
Per favore, smentitemi, se potete. Ma ho la netta sensazione che quel ragazzino fatto a brandelli in provincia di Pordenone da un’auto guidata in avanzato stato di ebbrezza da tal Julia Bravo, 20enne militare americana di stanza alla base di Aviano, non riposerà in pace.
Almeno non si sentirà solo, quel ragazzino. Sono una miriade le bravate dei militari americani di stanza in Italia. La situazione è particolarmente critica a Vicenza, città stretta tra due enormi basi militari con 16 mila soldati al loro interno, che insieme fanno il 15% del conglomerato urbano. Risse, danneggiamenti, devastazioni, violenze sessuali, reati di droga. Le improvvisate gare automobilistiche nel centro di Vicenza, con a bordo guidatori ubriachi, pare siano una sorta di consuetudine. A volte ci scappa il morto. E i colpevoli, spesso e volentieri, la fanno franca.
La colpa non è degli Stati Uniti, per i quali non esiste domani se si tratta di difendere un cittadino americano (chapeau!). E non è nemmeno della Convenzione di Londra del 1951, che regola la giurisdizione sui reati commessi dai militari dello Stato di invio sul territorio dello Stato ricevente. Anche se i nostri media, soprattutto nel recente caso di Pordenone, in maniera capziosa e alquanto proditoria si sforzano di attribuire una presunta ineluttabilità di eventi e procedure proprio alla Convenzione di Londra, quando non è affatto così.
Chiariamo la questione. La Convenzione di Londra applica il concetto di giurisdizione concorrente, stabilendo in quali casi essa è prioritaria per uno Stato o per l’altro, ossia quando uno Stato deve rassegnarsi, lasciando che sia l’altro Stato a giudicare il reato commesso dal militare dello Stato di invio.
È tutto nell’articolo 7. Se il reato commesso da un militare dello Stato di invio (nel nostro caso gli USA) minaccia o lede la sicurezza, i beni o un militare di quello stesso Stato, la giurisdizione appartiene allo Stato di invio. Stessa cosa se il reato è comunque commesso da un militare dello Stato di invio nell’esercizio delle sue funzioni.
In tutti gli altri casi, la giurisdizione appartiene allo Stato ricevente (nel nostro caso l’Italia).
Ma attenzione. La giurisdizione concorrente presenta questa caratteristica. Ogni Stato può (si badi bene, può) rinunciare alla propria giurisdizione prioritaria, lasciando che sia l’altro Stato a giudicare. Se un militare americano uccide un suo commilitone o distrugge un mezzo militare americano su territorio italiano, la giurisdizione spetta agli USA, che però possono decidere che siano i giudici italiani a processarlo. Specularmente, se quello stesso militare americano uccide un italiano o devasta un pub di Vicenza o di Aviano, la giurisdizione spetta all’Italia, che può decidere di consegnarlo alle autorità statunitensi.
Ebbene, non esistono casi in cui gli USA abbiano rinunciato alla propria giurisdizione, mentre i casi di rinuncia alla giurisdizione da parte dell’Italia superano il 90%. Dunque, se quella sciagurata di Julia Bravo non verrà giudicata dalla magistratura italiana, non sarà colpa della Convenzione di Londra, ma il frutto di una deliberata scelta dello Stato italiano.
A poter rinunciare alla giurisdizione sono, alternativamente, i magistrati inquirenti e giudicanti e il ministro degli Esteri. Chi decide, alla fine, è il ministro della Giustizia. Ma a prescindere dall’intimo convincimento dei magistrati di Pordenone, se si pensa che l’attuale ministro degli Esteri si chiama Luigi Di Maio, appare chiaro il motivo per cui quel ragazzino non riposerà in pace.
Tra l’altro, quando lo Stato italiano rinuncia alla propria giurisdizione, non si attua un trasferimento di competenza, ma una vera e propria rinuncia all’azione penale. Ciò significa che gli USA non avranno alcun obbligo di perseguire a casa propria il responsabile. Tanto più se si considera che negli USA non vige il principio di obbligatorietà dell’azione penale.
A tal proposito, come dimenticare la tragedia del Cermis del 3 febbraio 1998, quando un aereo militare statunitense, decollato proprio dalla base di Aviano e volando ad una quota di gran lunga inferiore a quella consentita, tranciò i cavi di una funivia facendola precipitare nel vuoto per 160 metri uccidendo i 20 occupanti. Nemmeno uno di loro riposa in pace.
Perché in quel caso, trattandosi di reato commesso da militari nell’esercizio delle loro funzioni, la giurisdizione prioritaria spettava agli USA, che non ci pensarono minimamente a rinunciarvi. Risultato: giudicati da una corte militare della Carolina del Nord, i responsabili furono semplicemente rimossi dal servizio. L’unico ad essere condannato fu il capitano Richard Ashby, pilota dell’aereo. Ma solo a quattro mesi di reclusione, e solo per intralcio alla giustizia: nel tentativo di inquinare le prove, aveva distrutto il video girato sull’aereo. Delle venti vite spezzate, al processo nemmeno si parlò. Gli USA curarono soltanto le proprie ferite e i propri interessi.
Eppure, l’Italia continua a rinunciare alla propria giurisdizione in favore di quella statunitense, ogni volta che un soldato americano fa danni sul suolo italiano. Un’immagine nitida del servilismo dell’Italia nei riguardi degli USA.
Di Antonello Tomanelli