LE SANZIONI AL CONTRARIO

DI ALFREDO FACCHINI

 

Possiamo affermarlo senza tema di smentita: l’Europa con le sanzioni non ha dichiarato guerra economica alla Russia, ma a se stessa.

I fatti: il costo di un megawattora di elettricità ha fatto segnare ieri, in Italia, il record di 718,71 euro e quello del gas, al Ttf di Amsterdam, mercato di riferimento per il metano in Europa, ha raggiunto i 321 euro.

Un anno fa il prezzo medio dell’ elettricità in borsa era pari a 111,93 euro per MWh.

Le conseguenze: le imprese a rischio sono 120 mila, 270 mila i posti di lavoro.

Solo nei primi sette mesi del 2022 la cassa integrazione straordinaria è salita del 45% rispetto a un anno fa.

«E non abbiamo ancora visto il peggio» , non lo dico io ma il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, «in autunno arriveranno nuovi rincari energetici, mentre l’inflazione dei mesi scorsi sulle materie prime continuerà a scaricarsi sui prezzi al consumo. Ci saranno seri problemi su redditi e potere d’acquisto delle famiglie».

La folle corsa dei prezzi energetici sta mettendo in ginocchio non solo le industrie cosiddette “energivore” come la siderurgia, ma anche il segmento dei servizi.

Prendiamo a titolo esemplificativo il mondo della ristorazione. Senza fare nomi, ristorante milanese, ultima bolletta: 6.841 euro con un consumo effettivo di 9.918 kW nel mese di luglio. Per lo stesso mese del 2021 le spese per la luce ammontavano a “soli” 2.292 euro, con un consumo che era di poco superiore, a 9.967 kW.

L’altra faccia della medaglia.

Il settimanale “Economist”, per molti una specie di bibbia, ha analizzato una serie di indicatori dell’economia russa, concludendo che la guerra e le sanzioni non ne hanno fiaccato il Pil come si sperava.

Il settimanale britannico, osserva che le sanzioni hanno avuto solo un impatto limitato sulla produzione petrolifera russa: secondo un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, dall’invasione, la Russia ha venduto all’Ue combustibili fossili per un valore di circa 85 miliardi di dollari. Consentendo così a Mosca di continuare a finanziare la guerra.

La produzione industriale tiene botta: a giugno è stata solo dell’1,8% inferiore rispetto all’anno prima.

L’impennata inflazionistica si è smorzata: dal picco del 17,6% a marzo è passata all’11% di luglio.

I consumi: secondo i dati di “Sberbank”, la spesa dei consumatori sarebbe sostanzialmente stabile rispetto a inizio anno.

Come si spiega l’inattesa tenuta della Russia?

Per l’Economist a pesare c’è soprattutto il fattore umano.
Questa è la quinta crisi economica che il Paese ha dovuto affrontare in 25 anni, dopo il 1998, 2008, 2014 e 2020. I russi hanno imparato ad adattarsi, piuttosto che a lasciarsi andare al panico.

Forse aveva ragione, Sergei Shoigu, il ministro della Difesa russo, quando avvertì le cancellerie di mezzo mondo: i russi «possono soffrire come nessun altro».

Forse è il caso di darsi una regolata o no?