DI ALFREDO FACCHINI
Renato sta per tornare a casa dopo un concerto sulla spiaggia di Focene, una frazione di Fiumicino. L’ultimo concerto della sua vita. Viene aggredito da due fascisti. Otto coltellate. Due al cuore. Letali.
È morto così Renato Biagetti nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 2006. Aveva 26 anni.
Renato era un ingegnere fresco di laurea: ingegneria della robotica con specializzazione del suono. Frequentava Acrobax, il Laboratorio occupato che una volta era il Cinodromo di Ponte Marconi.
Renato, lo ricordano tutti come sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza e dell’antifascismo.
Chi ha ucciso Renato è sceso da una macchina con il coltello in mano e ha mirato al petto. Poi ha ferito chi era con lui: Laura, la sua ragazza e Paolo.
Non fu una rissa ma un’aggressione a freddo. Gli atti dell’indagine risultarono più chiari della manipolazione giornalistica che tentò di classificare il fatto alla voce: “rissa tra balordi”.
Stefania Zuccari, la madre di Renato: «Invece i fascisti Renato se lo sono sempre rivendicato nella maniera più becera e lo hanno sempre offeso: a partire da quando, dopo l’omicidio, a un paio di km da casa mia, c’era scritto “Acrobax uno in meno”».
Un dossier compilato dopo l’assassinio di Renato registra e segnala 134 aggressioni a sfondo razzista, omofobo e fascista compiute a Roma e nel Lazio tra il 2004 e l’estate del 2006.
L’autopsia riportò che la causa della morte era da attribuirsi alle coltellate al cuore «inflitte con estrema violenza tanto da lasciare il segno dell’elsa del coltello» sul corpo di Renato.
Gli assassini: uno è Vittorio Emiliani, 19 anni, di Focene, figlio di un maresciallo dei carabinieri, l’altro è Gioacchino Amoroso, 17 anni, di Nola.
Emiliani è stato condannato condannato a 15 anni e 3 mesi di reclusione per omicidio volontario, mentre Amoroso, a 6 anni e 10 mesi per omicidio volontario in concorso.
Dicono che i fascisti non esistono più, ma uccidono ancora.