MAI PIU’: PIERA, DI 11 ANNI, MORTA DI CREPACUORE

DI RINALDO BATTAGLIA

RINALDO BATTAGLIA

 

Un giorno, nell’immediato dopoguerra, venne chiesto a Marlene Dietrich perché era “antifascista”. “Per decenza”, rispose subito, “solo per decenza”.

E nel mio piccolo anch’io amo ricordare questa citazione e spesso la uso quando qualcuno mi chiede perché parlo e scrivo da anni sul fascismo. Per decenza” – che altro? – “solo per decenza”.

E ogni giorno il calendario me lo ricorda, malgrado il silenzio che, in Italia, da sempre copra alcuni degli eventi che, con forza, gridano il senso di quella risposta. Del resto, “la libertà inizia dove l’ignoranza (storica) finisce”. Credo che le parole di Victor Hugo anche in questo caso calzino per bene. Per decenza, solo per decenza e per la piccola Piera morta a 11 anni di crepacuore, a metà agosto del 1944. Era di Borgo Ticino, un paesetto a 30 chilometri da Novara, tra il lago Maggiore ed il Ticino.

Da quelle parti il 13 agosto giunsero dal varesotto (Sesto Calende) alcuni reparti delle S.S. del capitano Holm  e soprattutto della Werhmacht, agli ordini del cap. Waldemar Krumhaar e del cap. Ernst Wadenpfuhl unitamente ad alcuni squadroni della X Mas del tenente Ongarillo Ungarelli, un fascistone già noto in zona per il suo sfrenato fanatismo.

In una frazione di Borgo Ticino, a San Michele, vi era appena stato un attacco dei partigiani delle Brigate Garibaldi, che operavano in zona e che da mesi davano il filo da torcere ai nazifascisti. Nell’attacco, che doveva bloccare alcuni camion della Werhmacht carichi di benzina, vennero feriti 4 soldati tedeschi.

L’ordine fu chiaro: rappresaglia.

I soldati nazisti e i fascisti della X Mas scesero dalle camionette e dagli autoblindo, circondarono il piccolo paese di Borgo Ticino, bloccandone subito le vie di accesso e di uscita. Tutti i civili che trovarono furono rastrellati e condotti con la violenza sulla piccola piazza centrale del paese. Si parla di oltre 200 persone. In tedesco ed in italiano furono loro spiegati gli ordini ricevuti dal capitano Krumhaar ed il motivo della rappresaglia

Ma venne anche loro detto che vi era una possibilità di salvezza per tutti i civili del paese. Evidentemente non sempre i nazisti erano criminali e assetati di sangue. Per tacitare la loro sete questa volta bastava che, in poco tempo, venissero raccolti 300.000 lire quale sanatoria o risarcimento. Cifra non certo modesta se si considera che, a quel tempo di vacche magre, un salario mensile di un operaio si aggirava sui 250/300 lire e uno stipendio di un professionista o alto funzionario comunale sulle mille lire.

Nel frattempo e per far capire che non si stava scherzando, o meglio per incentivare la raccolta/fondi, il ten. Fakel della Kriegmarine e lo stesso Ungarelli scelsero 13 giovani, quasi tutti operai della zona. Li schierarono davanti al muro che dava sulla piazza e li  lasciarono  in bella mostra.

Tra i civili di Borgo Ticino quel giorno vi era anche una donna ebrea, Clara Mosseri, che era scampata alla strage di Meina dell’autunno precedente. Fu quello il primo sterminio nazifascista di ebrei in territorio italiano, avvenuta tra il 22 e il 23 settembre 1943, con identificati 57 morti. Clara sapeva bene cosa volessero i nazifascisti: per prima offrì i suoi gioielli e il suo danaro, poi cercò  di organizzare per il meglio, con le altre donne, la raccolta dei soldi del “riscatto”.

Ma la guerra è guerra. Non ci sono regole e diritti. Già oltre 2000 anni prima Socrate  diceva che tutte le guerre sono combattute solo per denaro. E nel 1944, come oggi  nel 2022, non è cambiato nulla. La guerra serve solo per rubare, per arricchirsi in fretta, chi vendendo armi, chi usandole.

E tutte le guerre sono uguali: c’è chi fa guerra ed uccide in nome di Dio, chi in nome del ‘capo’, chi per esportare la democrazia, chi per Danzica o il Donbass. Di nemici da combattere – volendo – ce ne sono sempre e, caso mai non fossero tali o non accettassero quella parte o quel ruolo, si possono subito inventare motivazioni superiori o degne di tale scopo.

E tutte le guerre hanno un comune denominatore: le guerre necessitano di armi e le armi necessitano di guerre. E’ un circolo chiuso, vizioso, che si autoalimenta e cresce. E se poi pensiamo che i più grandi produttori di armi e i più grandi utilizzatori di guerre sono gli stessi paesi che gestiscono l’ONU – con tanto di diritto di veto – i discorsi si fanno semplici, lineari, quasi banali. E sull’impotenza dell’ONU anche nell’anno del demonio 2022 – credo – ci siano poche voci contrarie, al di là dell’impegno ammirevole del Segretario Generale Antonio Guterres.

Ma la guerra è guerra. Anche a Borgo Ticino a metà agosto ‘44 era guerra, era affare di denaro.

Raggiunta la somma dei 300.000 lire e messa al sicuro, il cap. Krumhaar si ricordò che “i quattrini non bastano per il sangue tedesco”. E gli uomini della X Mas col  tenente Ongarillo Ungarelli confermarono. Loro erano italiani, non avevano sangue tedesco, ma il loro capo era da anni socio d’affari col Fuhrer.

A nulla servirono le grida di dolore, i lamenti di disperazione, i pianti e le lacrime.

I 13 ragazzi prescelti dal ten. Fakel e da Ungarelli vennero così fucilati e colpiti, in molti casi, con uno o più proiettili di pistola sparati alla nuca. A morire furono in 12 quel giorno perché uno dei ragazzi più giovani – Mario Piola – ferito svenne e così, rimanendo immobile e coperto di sangue e dagli altri cadaveri, venne creduto morto.

Saranno gli amici degli uccisi a seppellirne il giorno dopo i corpi e come disse uno di loro (Alessandro Griggio) fu un’altra tragedia. «Io, con queste mani, proprio con queste, li ho presi e portati al cimitero. Con queste mani. Non posso dimenticare quella mattina, quello che ho fatto, quello che ho toccato. Le mie mani che prendono i corpi dei miei amici le ho sognate e le sogno tuttora». Il giorno dopo, perché era stato ordinato di lasciare i cadaveri sul selciato come ‘lezione’ ai sopravvissuti almeno fino al giorno successivo. Ma furono ugualmente 13 i morti di quell’eccidio.

Per preciso ordine del cap. Krumhaar e del ten. Ungarelli tutti i bambini sequestrati quel giorno furono costretti a vedere la fucilazione dei 13 condannati in prima fila: dovevano vedere la forza degli uomini del Fuhrer e del Duce. Dovevano capire lo spettacolo. Dovevano imparare “de visu” la lezione. E forse Krumhaar e Ungarelli avevano ragione. In Italia poi sui libri di Storia spesso – e oggi nel 2022 soprattutto – avrebbero venduto altre verità al moto di “Ha fatto anche cose buone”. Tra gli applausi dei fans, le vie dedicate a gerarchi razzisti e le corriere in pellegrinaggio verso Predappio. 

Tra quei bambini c’era una piccola, spesso malata, molto esile e fragile. Probabilmente la malattia si chiamava “fame” ed era molto contagiosa e malefica a quel tempo. Di nome faceva Piera Bucelloni. Non riuscì più a dormire da quel momento, dopo quell’orrendo spettacolo dal vivo,  e dopo pochi giorni morì di crepacuore. Aveva 11 anni e una vita davanti. Ma alle SS, alla Werhmacht e alle nostra (nel senso di italiana) X Mas non importava. Morto più, morto meno. A loro importava il denaro. Vennero infatti – ad esecuzione avvenuta –  saccheggiate 72 case del paese, 150 alloggi semidistrutti, 49 case bruciate o crollate causa l’incendio.

Soprattutto gli uomini della X Mas, con Ungarelli sempre in prima fila, rubarono tutto quello che potevano alle persone lì disperate per quanto visto e sofferto. C’era chi piangeva e chi si ingrassava.

Questo è stato il fascismo. Ma non ditelo in giro. Non tutti ci credono.

A guerra finita, il 31 marzo 1949, il cap.  Waldemar Krumhaar venne assolto dalle amputazioni di omicidio e fu condannato solo a 4 anni per il saccheggio del paese. Nel 2012 il comune di Borgo Ticino ha chiesto la riapertura del processo presso il Tribunale Militare di Verona e così il 10 febbraio 2012 si è svolta l’udienza preliminare, dove il giudice ha accettato la richiesta di rinvio a giudizio proposta dal pubblico ministero militare.

Ma di imputati ancora “vivi”  – 68 anni dopo l’eccidio – vi era solo l’ex sottotenente  Ernst Wadenpfuhl, novantasettenne al momento del processo. Il 17 ottobre 2012 venne condannato “in contumacia” all’ergastolo, perché  proprio in quei giorni morì in Germania.

Per quanto riguarda invece i “nostri”, ossia la X Mas di Junio Valerio Borghese, quello di Borgo Ticino, fu uno dei tanti crimini che caratterizzarono le loro azioni. Con l’amnistia Togliatti del Governo De Gasperi del giugno ‘46 tutto fu cancellato e – come si dice – “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”. Anche se è stata la sua unica vita.

Ultimamente da noi stanno dedicando vie a uomini del fascismo. Uomini della X Mas non sono di meno. A Luigi Ferraro nel 2020 è stato dedicato il Porto di Nervi dal Comune di Genova. Non era presente quel giorno a Borgo Ticino ma i suoi ‘compatrioti’ sì. Ma ovviamente da noi la memoria è un optional e pure di scarso valore. Per decenza, solo per decenza bisogna essere antifascisti.

Per decenza, solo per decenza e per la piccola Piera morta di crepacuore a 11 anni. Aveva una vita davanti.

Se dalle mie parti avete una via senza nome, dedicatela non a Giorgio Almirante, a gerarchi del fascismo o a uomini che lavoravano per deportare ad Auschwitz altri uomini, donne o bambini, ma ricordatevi di Piera, la bambina morta di crepacuore in un giorno d’agosto del 1944. Tra il silenzio di tutti e le lacrime di Borgo Ticino.

 

 

Agosto 2022 – 78 anni dopo – Rinaldo Battaglia