L’OCCHIO DELLA TIGRE

DI MARIO PIAZZA

 

Ricordo la finale di Wimbledon del 2015, quella in cui l’antipaticissimo Djokovic sconfisse in quattro set il tennista più bravo, bello e buono di tutti i tempi: Roger Federer.

Quel giorno Djokovic era il più in forma ma prima di cedere Federer combatté come un leone per i primi due set (7-6 e 6-7) e dispiacque persino al suo avversario vederlo crollare negli ultimi due (6-4 e 6-3).

Nella finale elettorale del 25 settembre prossimo le cose stanno diversamente. Contro la pimpante Meloni scenderà in campo un tennista che ha smesso di allenarsi da tempo, uno che neppure ci prova a tirare servizi e lungolinea, uno con le scarpe slacciate e la racchetta senza cordatura.

A Wimbledon non si vince contando sugli errori dell’avversario, aizzando il pubblico contro di lui e sparacchiando le palle in tribuna. Occorre saper giocare, caro Letta, e guardandoti c’è da domandarsi come cavolo tu abbia fatto ad arrivare in finale.