DI LEONARDO CECCHI
Ne internarono 600mila. I tedeschi li rastrellarono dall’Italia, dalla Jugoslavia, dalla Grecia, dalla Francia.
Dopo l’8 settembre, più di mezzo milione di italiani finì nei campi di concentramento.
Li picchiavano, li trattavano come subumani. Li facevano lavorare come schiavi nell’industria pesante. Li riducevano a cercare topi, rane, bucce lasciate dai soldati tedeschi.
Morirono a decine di migliaia per il freddo, la malnutrizione, le botte, le esecuzioni.
L’8 settembre, quando un re vigliacco firmò un armistizio giusto senza però assumersi nessuna responsabilità, e anzi fuggendo al Sud per mettersi al riparo, condannò tanti connazionali che già avevano sofferto per la guerra. Li condannò alla morte, la schiavitù, l’oppressione.
Oggi che è l’8 settembre ricordiamo chi di loro non ce l’ha fatta.
E ricordiamo la scelta più giusta che gli italiani presero anni dopo: mandare via a pedate un re codardo che dopo aver dato al Paese vent’anni di dittatura si salvò la pelle a spese di quella di centinaia di migliaia di connazionali.