I CONTI SENZA L’OSTE

DI MARIO PIAZZA

 

E’ nell’ordine delle cose che a chiunque possa capitare di tanto in tanto di fare la figura dell’imbecille, magari per piccole cose.
Penso a me stesso quando mi cadde la macchina dal crick perché non avevo messo il freno a mano, in politica penso al tunnel dei neutrini della Gelmini, a Salvini cacciato via dal sindaco polacco, alle castronerie geografiche di Di Maio.

Le piccole figuracce si possono fare anche con una relativa frequenza senza che questo ci qualifichi come inaffidabili cialtroni, il problema è quando esse sono gigantesche e ripetute a ritmo incalzante… per chi non l’avesse ancora capito sto parlando di Carlo Calenda.

Uno che si iscrive al PD in pompa magna e il giorno dopo restituisce la tessera, che strombazza una candidatura invincibile a sindaco di Roma e non arriva neppure al ballottaggio rimediando però un posto da consigliere che cede a un perfetto sconosciuto, che esibisce amorosi sensi verso Emma Bonino per voltarle poi improvvisamente le spalle insultandola, che giura eterno disprezzo a Renzi per poi farci un partito insieme.

E’ proprio la campagna elettorale di Azione che dovrebbe dare il colpo di grazia alla credibilità di Calenda e del suo degno compare, una campagna tutta incentrata sulla ricandidatura di Mario Draghi e sulla sua agenda.

Ora che sappiamo che non esistono né l’una né l’altra tutto ciò che rimane sono i suoi ammiccamenti ecumenici a destra e a sinistra, un odio sviscerato verso Conte che gli contende con successo la posizione di Terzo Polo e un sacco di chiacchiere inutili e di stucchevoli smorfiette.

Grazie lo stesso, Carletto. Anche no.