RISCHIA DI SFALDARSI LA CSTO, L’ALLEANZA ALTERNATIVA ALLA NATO CREATA DA MOSCA

DI MICHELE MARSONET

 

 

L’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva è un’alleanza militare creata il 15 maggio 1992 da sei appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti nata alla fine dell’Unione sovietica. Il 2 dicembre 2004 le è stato riconosciuto lo status di osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La Nato dell’Est e la crisi ucraina

Rischia seriamente di sfaldarsi la “Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva”, l’alleanza militare creata da Mosca nel 1992 per mantenere nella sua sfera d’influenza alcune Repubbliche ex sovietiche del Caucaso e dell’Asia centrale, oltre alla Bielorussia. Tale alleanza prevede che, qualora uno Stato membro venga aggredito, gli altri membri debbano intervenire militarmente per difenderlo.

Tra garanzia e minaccia armata

Finora aveva funzionato piuttosto bene. Quando, per esempio, si verificarono tumulti in Bielorussia, Lukashenko si appellò proprio allo statuto della CSTO. La Russia (ma anche l’Armenia, fatto importante come poi vedremo) inviarono truppe e la rivolta fu sedata in tempi brevi.
La situazione è cambiata – e parecchio – dopo l’invasione dell’Ucraina. Parecchi Paesi dell’alleanza hanno cominciato a nutrire il timore di trovarsi, in futuro, nella stessa situazione di Kiev, ed è iniziato un processo di allontanamento da Mosca. Caso emblematico e importante è quello del Kazakistan. Anche qui la CSTO intervenne per sedare i disordini scoppiati dopo la fuga dell’ex “Presidente eterno” Nursultan Nazarbayev.

Se il Kazakistan vola via

Il nuovo leader kazako, Kassym-Jomart Tokayev, salì al potere con l’appoggio di Putin, salvo poi assumere posizioni sempre più indipendenti a causa dell’invasione dell’Ucraina, da lui apertamente criticata. Ora giunge notizia, per quanto non ufficialmente confermata, che il Kazakistan intenderebbe abbandonare la CSTO entro il mese di gennaio del 2023.
Inutile rammentare l’importanza di questa nazione che ha un territorio enorme, ricchissimo di risorse naturali. Vi si trova, tra l’altro, anche il celebre cosmodromo di Baikonur, base di partenza di tutte le missioni spaziali dell’Unione Sovietica prima, e della Federazione Russa poi. Da notare che, per quanto in territorio kazako, Baikonur è tuttora sotto l’amministrazione russa.

Armenia mancato soccorso e il gas Azero

Ancora più complicata la situazione dell’Armenia, che recentemente è stata attaccata sul suo stesso territorio dall’Azerbaijan. Anche Erevan si è appellata allo statuto della CSTO ma, in questo caso, la risposta è stata assai diversa. Putin, impantanato in Ucraina, non ha truppe da inviare in soccorso dei tradizionali alleati armeni. Né intende inimicarsi la Turchia di Erdogan, grande sponsor degli azeri.
Gli armeni si sono dapprima rivolti all’Onu, senza ricevere risposte concrete. Poi alla UE, scordando che la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, si è recata a Baku per firmare con il presidente azero Ilham Aliyev un importante accordo. L’Azerbaigan si è impegnato a fornire ai Paesi europei notevoli quantità di gas destinato a sostituire, almeno in parte, quello russo. L’Armenia diventa, a questo punto, il classico vaso di coccio.

Gli ultimi frammenti sovietici prima della Cina

Il premier armeno Nikol Pashinyan ha fatto una proposta che, per chi conosce la storia, ha dell’incredibile. In cambio della pace con gli azeri si è detto disposto a cedere il Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero, oggetto di molte guerre tra le due nazioni. Naturalmente i nazionalisti armeni sono subito insorti, e la proposta del premier appare di ben difficile realizzazione. Tuttavia l’Armenia è un Paese povero e, senza l’appoggio di Mosca, il suo esercito non ha grandi possibilità di successo.

Se la CSTO si sfalderà davvero sarà la fine di un’epoca, poiché scompariranno anche le ultime vestigia dell’Urss. Grande è l’attenzione della Cina, che da sempre considera questi territori come rientranti nella sua sfera d’influenza. Ora Xi Jinping avrà un’ulteriore occasione per coltivare le sue ambizioni imperiali.

 

Articolo di Michele Marsonet, dalla Redazione di 

17 Settembre 2022