Matteo Richetti

LA DONNA SECONDO MATTEO RICHETTI

DI ANTONELLO TOMANELLI

REDAZIONE

 

Dalla cospicua documentazione in mano a Fanpage sembrerebbe che il presidente di Azione abbia passato un anno più a palpeggiare che a scrivere programmi elettorali. Ma avrebbe incrociato sulla propria strada Ambra, un genere di donna di cui probabilmente nemmeno sospettava l’esistenza. Da quanto scrive Fanpage e non solo, Ambra ha conservato registrazioni e messaggi inequivocabili, dando in pasto all’opinione pubblica Matteo Richetti e i suoi numerosi tentativi di scambi di sudate, tutti compiuti nel suo ufficio di Roma con vista sul Senato della Repubblica.
Ne sarebbe venuto fuori un ritratto impietoso, che pare non poggi su un singolo episodio, né risale ad oggi. Impietoso non solo per quella commistione dei ruoli di senatore e di datore di lavoro ostentata alle varie donzelle che si presentavano nel suo ufficio armate di curriculum, ma anche per il tenore degli approcci, consistenti in allusioni e messaggi così beceri e puerili che qualsiasi donna, anche se per pura ipotesi lo avesse inizialmente trovato attraente, di lì a breve avrebbe chiuso per sempre con gli uomini. L’amica Sabrina Martucci ne offre un’ampia carrellata sulla propria pagina.
L’ultimo approccio finisce piuttosto male, con Ambra che fugge dopo essere stata insistentemente palpeggiata contro una parete. Richetti la cerca al telefono più volte. Ma quando realizza che Ambra non si sarebbe mai concessa, perde la testa e in un delirio autoreferenziale e in insanabile conflitto con la logica, le scrive invitandola a smettere di «fare la perfettina», perché «se volevi che non ci provavo non ti mettevi la gonna, che è un chiaro segnale», accusandola pure di essersi montata la testa «con tutti questi movimenti femministi del cazzo».
Impaurita, Ambra profila a Richetti la possibilità di una denuncia.
«Certo, denuncia un senatore con l’immunità!», le risponde beffardo. Senza sapere, il senatore che non conosce l’art. 68 della Costituzione, che l’immunità parlamentare impedisce l’arresto, le perquisizioni domiciliari, i sequestri di corrispondenza e le intercettazioni, ma non un processo e una condanna.
Incredibilmente la questione della gonna ritorna non su iniziativa del senatore, ma dell’ispettore di polizia al quale Ambra si rivolge per chiedere aiuto, intimorita dai titoli esibiti dal Richetti. «Non dovevi metterti la gonna», dice l’ispettore a una ormai spaesata Ambra, che incomincia a sentirsi come Josef nel Processo di Kafka. E non vede migliorare la situazione nemmeno quando riceve da quello stesso ispettore una mail tutto sommato rassicurante, che però si conclude con un «sei uno spettacolo».
Forte della difesa a spada tratta di Calenda, uno che la faccia da persona intelligente non ce l’ha assolutamente, Richetti pensa di schivare il tutto con dichiarazioni che svelano le sue vane aspirazioni di funambolo della politica. Sostiene che i messaggi finiti nelle mani dei cronisti di Fanpage sono falsi, che non li ha scritti lui e che ha addirittura denunciato Ambra per stalking. Tant’è che un drappello di poliziotti si presenta una mattina a casa di Ambra con in mano un mandato di perquisizione.
Ora la procura di Roma indaga su tutto.
In questa storia vi sono aspetti oscuri e negativi. In primo luogo, un senatore della Repubblica avrebbe fatto leva sulla sua posizione per convincere giovani donne a rapporti sessuali.
Poi, sulla base di una denuncia fondata sul nulla sarebbe addirittura riuscito, a fini chiaramente intimidatori, a far perquisire l’abitazione di Ambra, pur vittima di un qualcosa che avrebbe tutta l’aria di essere una violenza sessuale. Una solerzia istituzionale che se seguisse ad ogni denuncia di stalking da parte di una donna, il numero di femminicidi crollerebbe.
Infine, un ufficiale di polizia che, in preda ad una sorta di sindrome di Kabul, rimprovera ad Ambra di essersi recata in abbigliamento inadeguato all’appuntamento con Richetti. E tenta un approccio nel pieno esercizio delle sue funzioni.
Ma c’è anche un aspetto chiaro e molto positivo in questa brutta storia: Ambra.
Ambra ha rifiutato le avances del senatore Richetti. Non ha fatto come tante altre, che le accettano e magari anni dopo denunciano una violenza sessuale. Tra l’altro, se Richetti si è davvero messo in questi guai, significa che nel tempo in ben più di una avranno risposto cuori alle sue ridicole avances.
Un uomo che chiede a una donna rapporti sessuali in cambio di una facilitazione nella carriera pone in essere un comportamento spregevole, ma che non si risolve in una imposizione alla donna, la cui libertà di scelta rimane integra. In certi casi, una donna che non vuole andare a letto con un uomo non ci va e basta. E se preferisce dirgli di sì, soprattutto se intellettualmente ipodotato come Richetti, è perché cerca il tornaconto, non perché vi è costretta.
In altre parole, se l’uomo ottiene i favori sessuali della donna prospettandole, in caso di rifiuto, un peggioramento delle proprie condizioni, allora si configura una violenza sessuale. Se li ottiene promettendole un miglioramento della sua posizione, non vi è alcuna violenza, anzi si sconfina nella fattispecie della prostituzione.
Vanno quindi tessute le lodi di Ambra, che ha preferito mantenere la sua dignità piuttosto che farsi comprare da uno come Matteo Richetti. La cui credibilità oggi si è ridotta ad un prefisso telefonico. Un uomo la cui vita, da quanto trapelato, è sempre stata accompagnata da un irrefrenabile desiderio sessuale. E tra i tanti modi che aveva per gestirlo, ha scelto quello peggiore.