DI ENZO PALIOTTI
Per non dimenticare
Il 27 Settembre 1943 la città di Napoli si solleva contro l’occupazione tedesca e dà vita ad una pagina eroica della nostra storia, una rivolta che dà inizio al riscatto del paese contro il nazifascismo che sboccherà con la liberazione e la nascita dello stato Repubblicano e democratico.
La scintilla che fece scoppiare la rivolta fu quando il comandante la piazza di Napoli, Col. Scholl, emise il decreto sul lavoro obbligatorio che ordinava a tutti gli uomini abili al lavoro di presentarsi al comando tedesco e poiché all’ordinanza risposero soltanto 150 uomini, Scholl ordinò alle sue truppe di rastrellare la città catturando circa 8.000 uomini destinati alla deportazione in Germania per il lavoro coatto. Chi si ribellava a quell’ordine veniva fucilato sul posto.
Un altro fatto scatenò l’ira dei napoletani: l’esecuzione di un marinaio ventiquattrenne, Andrea Mansi, classe 1919, alla quale migliaia di cittadini furono costretti ad assistere dalle truppe tedesche ed applaudire a quel delitto. Testimone di quell’orrendo crimine fu il giornalista napoletano Antonio Ghirelli.
Dopo tutto questo tanti napoletani, raccolti in gruppi nei vari rioni della città, cominciarono a raccogliere armi nelle caserme abbandonate dopo l’8 settembre e a prepararsi a combattere per liberare la città.
Gli scontri ebbero inizio nel quartiere Vomero, località masseria del Pagliarone e durarono quattro giorni durante i quali i nazisti non smentirono la loro nefasta fama di assassini fucilando chi si ribellava senza fare distinzione tra giovani, vecchi, donne e ragazzi.
Alla città di Napoli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare con la motivazione: «Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un’impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle “Quattro Giornate” di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.».
Altre medaglie d’oro, alla memoria, furono conferite a ragazzi poco più che adolescenti come Gennaro Capuozzo, di 12 anni che per tutti, diventò il simbolo della rivolta ed il suo sacrificio servì a tutti i combattenti quale esempio. Il 1° ottobre i partigiani napoletani consegnarono la città, ormai liberata con i tedeschi, agli anglo-americani.
In tutto questo anche le donne diedero il loro prezioso ed importante contributo alla liberazione di Napoli. Tra le tante combattenti una si distinse in modo particolare, Maddalena Cerasuolo, detta Lenuccia. Lenuccia, operaia di 23 anni, si unì ad un gruppo di partigiani, pur non sapendo niente di armi e di battaglie. Con il suo coraggio contribuì a salvare una fabbrica di scarpe dalla distruzione ed il Ponte della Sanità, importante struttura che favoriva l’ingresso alla città. Successivamente Lenuccia collaborò con gli Alleati in altre operazioni militari. A Maddalena fu assegnata la medaglia di bronzo al Valor Militare, inoltre oggi il Ponte della Sanità porta il suo nome: Ponte Maddalena Cerasuolo.
Le Quattro Giornate di Napoli ebbero un importantissimo risultato morale e politico per l’insurrezione nazionale. La vittoriosa lotta impedì inoltre ai tedeschi di organizzarsi e porre in atto quanto Hitler stesso aveva chiesto ai suoi, che Napoli fosse ridotta «in cenere e fango» prima di ritirarsi.
Il bilancio delle perdite fu di 168 partigiani e 159 cittadini, altre fonti e dai registri del cimitero di Poggioreale i caduti risultavano in 562.