DI IVANA FABRIS
Il democratico occidente fa piombare in piena notte nella camera d’albergo di un giornalista non allineato come Giorgio Bianchi, uno stuolo di agenti e ispettori per effettuare una perquisizione come fosse un terrorista o un loro fiancheggiatore; fa operare chi non pare proprio il depositario della verità come quelli di Open sui social e fa bloccare decine di pagine che fanno controinformazione in nome di una legge fatta ad hoc per poter meglio controllare le informazioni scomode; fa chiudere canali YouTube come quello di Berlinguer e a che titolo non si sa; fa perdere il lavoro a giornalisti come la Bonnel in Francia per le sue posizioni sul Donbass o mette alla gogna quei pochi giornalisti televisivi del mainstream che ancora hanno la schiena dritta perché vogliono raccontare la verità. Impedisce, inoltre, a canali russi di fare informazioni sui social, blocca i siti russi sulla rete e omette di dare le notizie sulla protesta che dilaga ovunque in Europa.
La democraticissima Ucraina, poi, sappiamo bene come agisce con chi dissente. Incarcera, tortura e uccide gli oppositori, arriva a minacciare chi, in Russia fra gli italiani, gestisce un canale Telegram per dire la sua su ciò che vive in Russia, facendo da controcanto alla propaganda mediatica occidentale. Minaccia di morte, tre dottoresse volontarie, ucraine, che dichiarano di voler andare a vivere in Russia. Elenchi, questi, che potrebbero continuare per ore.
Di fatto, siamo già in guerra.
Non è dichiarata, non è la guerra combattuta con gli armamenti, ma è una guerra contro le coscienze e va avanti ferocemente da almeno 30 anni. Oggi siamo solo al punto più alto del combattimento.
Cosa si salverà della memoria storica e della coscienza di massa dopo tutto questo, non solo non è quantificabile ma non è nemmeno ipotizzabile perché il danno è troppo profondo e le conseguenze saranno enormi per tutti. Soprattutto per le fasce più deboli.
(se qualcuno fosse interessato alle fonti basta che le chieda)