IL DECRETO ANTI-RAVE RIGUARDA SOLTANTO I RAVE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Non ci sarà alcuna possibilità di criminalizzare i picchetti dei lavoratori in sciopero, né le manifestazioni non autorizzate, financo le occupazioni studentesche, con il decreto legge varato dal governo Meloni nella notte di Halloween.
Semplicemente perché non disciplina quegli eventi. Anche perché esisterebbe già una norma che lo consente, almeno in teoria. L’art. 633 del codice penale già punisce l’invasione arbitraria di terreni o edifici, ma la giurisprudenza non lo applica né alle occupazioni universitarie, né a quelle di fabbriche e uffici pubblici.
Il motivo? Eccolo. Chi invade un terreno o un edificio, per violare la norma penale deve farlo con l’intento di appropriarsene e di utilizzarlo nel tempo, come se fosse proprio. Per soddisfare bisogni materiali duraturi, quindi. L’esempio classico è quello di chi occupa una casa popolare per viverci. In pratica è come il reato di furto, ma applicato ai beni immobili. Una norma assolutamente incompatibile con lo sfondo politico o sindacale che contraddistingue una manifestazione o un’occupazione, peraltro necessariamente limitata nel tempo.
E il decreto in questione interviene su situazioni che non hanno nulla a che vedere con una protesta. Immette nel codice penale l’art. 434-bis, che punisce severamente (dai tre ai sei anni) chi invade un terreno o un edificio «allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica».
Per la norma, l’invasione deve essere finalizzata a creare un raduno. Ossia, all’occupazione seguirà il raduno. Già qui si capisce come la norma non potrà essere applicata né alle manifestazioni non autorizzate, né alle occupazioni studentesche, dove il raduno è sempre contestuale all’occupazione. E chi occupa, chi manifesta non lo fa per radunare persone, ma per avanzare rivendicazioni. Le due figure presentano scopi e strutture diversissimi. Nessuna possibilità di confusione, nessuna possibilità di estensione.
Quindi, gli unici a subire le conseguenze penali dell’art. 434-bis saranno gli scocomerati dei rave, per i quali il raduno è fine a se stesso. Non a caso la norma prevede anche la confisca dei beni serviti per commettere il reato, che altro non può essere che la strumentazione sonora.
Non tragga in inganno il fatto che la norma esige la presenza di più di 50 persone nel luogo invaso. Siamo alla presenza di un reato di massa, figura la cui previsione non esprime una volontà di reprimere il dissenso, ma vuole tutelare l’incolumità pubblica.
Del resto, la manifestazione non autorizzata e l’occupazione di una scuola non potrebbero mai essere considerate un pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica, ulteriore aspetto che connota la nuova norma penale. L’art. 434-bis viene inserito accanto a reati come strage, incendio, inondazione, frana e valanga, naufragio, disastro aviatorio e ferroviario, attentato alla sicurezza dei trasporti, ossia tutti reati in cui è concreta la minaccia dell’incolumità di un numero indeterminato di persone. Un pericolo che non potrebbe mai configurarsi a priori in una manifestazione o in un’occupazione.
Pericolo, al contrario, ben presente nel rave, dove circola ogni sorta di droga, quasi sempre ci scappa il morto e non di rado vengono commesse violenze sessuali.