DI VIRGINIA MURRU
Un colloquio importante quello tra il presidente Usa Joe Biden e il suo omologo Xi Jinping,
più strategico, sul versante geopolitico, di qualunque strategia diplomatica, proprio per l’impulso e il valore politico che caratterizza questi incontri di vertice. Una stretta di mano che può valere la distensione tra le due superpotenze.
I due leader hanno certamente difeso i loro avamposti, sottolineando i punti fermi sulla politica estera e gli obiettivi nevralgici di quella interna, ma hanno concordato sulla fondamentale esigenza di pace, in un momento in cui questo inestimabile valore viene insidiato con pericolose escalation di tensioni e minacce per l’intero pianeta.
Non è l’incontro di Yalta (in Crimea) del 1945, tra il presidente americano Roosevelt, il primo ministro britannico Churchill e il leader sovietico Stalin, nel quale si decisero le sorti della Germania. I tre peraltro si erano già incontrati due anni prima a Teheran. L’oggetto dei loro colloqui riguardava allora la fine del conflitto più sanguinoso della storia.
A Bali, in Indonesia, i capi di Stato delle due più potenti economie del mondo, si sono incontrati in data odierna a margine del G20, ma la stretta di mano tra i due leader va ben al di là di un incontro puramente formale tra due Capi di Stato.
Sia Xi Jinping che Joe Biden, sono perfettamente consapevoli che il loro potere è un ordigno da maneggiare con cura, e che ogni eccesso nella linea rossa dei reciproci rapporti e interessi, potrebbe scatenare azioni e reazioni in un’escalation sempre più rischiosa.
Quell’ordigno nell’autunno del 2022 si chiama Taiwan, e il presidente cinese lo ha precisato anche nel corso dell’incontro di stamani: il suo governo, sulla questione dell’indipendenza è irremovibile, non la concederà mai. E’ una sorta di postulato base per ogni negoziato di carattere geopolitico, prendere o lasciare, la Cina su questo punto è intransigente, e non si sposta di un millimetro per smorzare tutta la tempesta di tensioni che sta alimentando nel Sud-est asiatico.
Taipei, la capitale di questa piccola ma dinamica nazione insulare, deve farsene una ragione, e anche gli Usa, che invece solo un mese fa, facendo rotta in quell’area del Pacifico, ha inteso lanciare un serio avvertimento proprio a Pechino, mostrando gli artigli affilati dell’aquila americana.
Il presidente Biden, nonostante le sue indubbie qualità sul piano diplomatico, e la tendenza a dissolvere le tensioni negli interlocutori, non ha cambiato di un micron la determinazione del leader cinese sulla questione Taiwan, il tema più rovente. Sotto certi aspetti, per le conseguenze che potrebbe innescare, anche più insidioso di quello ucraino. Che al momento, non è uno scherzo, considerata l’ambiguità e la risolutezza del capo del Cremlino al riguardo.
Oltre la grande muraglia di intransigenza cinese su Taiwan, Xi Jinping ha manifestato disponibilità a controllare le tensioni geopolitiche e i relativi pericoli anche di carattere nucleare, in altre aree del pianeta, quali la Corea del Nord, il cui regime politico non è facilmente influenzabile.
Non si può dimenticare che nel 2022 Kim Jong-un ha terrorizzato la Corea del Sud e il Giappone lanciando oltre 70 missili di potenzialità varia. Nei primi mesi dell’anno aveva diffuso un video nel quale era visibile il decollo di uno Hwasong-17 intercontinentale, in grado di sorvolare oceani e di raggiungere gli Usa.
La scelleratezza di questo leader è nota e conosce ben poco il significato della parola ragione e prudenza, quando si tratta di lanciare minacce. Pur rendendosi conto che con gli Stati Uniti il confronto, anche sul piano nucleare, sarebbe quello della pulce con l’elefante, continua a sfidare l’Occidente senza il minimo scrupolo.
E’ dunque necessario che siano gli altri ad esercitare il dovuto controllo sulle sue strategie, è dato per scontato infatti il prossimo test nucleare sotterraneo, malgrado l’ultimo effettuato dalla Corea del Nord abbia provocato, nel 2017, un sisma avente la magnitudo di 6.3, ovvero un ordigno nucleare 5 volte più potente di quello lanciato su Hiroshima.
E per questo Biden si è raccomandato con Xi Jinping circa le buone relazioni della Cina con Kim Jong-un, solo un buon tessuto di relazioni diplomatiche e la dovuta influenza sull’entourage di Pyongyang potrebbe scongiurare altri disastri e danni al pianeta.
Biden, a conclusione dell’incontro con il leader cinese, ha assicurato che non ci sarà ‘un’altra guerra fredda’.
Xi, da parte sua ha promesso che la Cina “non ha alcuna intenzione di provocare o sfidare gli Usa, dato che il mondo è abbastanza grande perché le due superpotenze possano prosperare insieme.”