TERESA BELLANOVA E LE QUERELE TEMERARIE DELL’IGNORANTE ARROGANTE

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

Voglio spendere due parole su un fatto sconcertante che ha visto protagonista la famosa Teresa Bellanova.

L’ho sempre definita ipocrita spacciata che non vale la suola di una ciabatta consumata, oggi finalmente e meritatamente sradicata dal parlamento.

La cifra dell’ipocrisia e non minore cattiveria della signora Bellanova sono riassunte in una vicenda molto imbarazzante a meno di non essere quel tipo di persona che non conosce vergogna come poi dimostrano i fatti che descriverò nelle prossime righe.

L’ex ministra, ex sottosegretaria al Lavoro, prima firmataria della legge contro le false partite Iva, era coinvolta in una causa di lavoro perché il suo ex portavoce era a tutti gli effetti una falsa partita Iva.

Insomma la cara Bellanova ha dato un bel calcio in culo ai principi per cui diceva di battersi per cui ha potuto accedere perfino a mandati ministeriali svolti, date certe evidenze vergognose, disonorevolmente non certo secondo i dettami costituzionali. Non solo la ministra faceva lavorare in nero il suo portavoce, ha fatto anche peggio.

Quando Mary Tota del Fatto Quotidiano chiese una replica sui fatti alla Bellanova, la risposta fu una diffida a pubblicare la notizia nonostante fosse vera e corredata dai carteggi della causa di lavoro. La notizia quindi fu pubblicata e corredata delle dichiarazioni della Bellanova davanti al giudice.

Risultato? Una roba dai connotati grotteschi: Teresa Bellanova sputtanata rispose con l’arroganza del potere deposto nelle mani sbagliate: querelò con l’accusa di concorso in estorsione i giornalisti che pubblicarono la notizia autentica e verificata, non certo immondizia di stampo rondoliniano secondo i ben conosciuti codici italovivi di intralcio alla verità.

A parte la bassezza dell’accusa ciò che rende la faccenda ancor più ributtante è la meschinità del metodo usato dalla Bellanova. Infatti non querelò il giornale il direttore e l’autore dell’articolo come da prassi, puntò invece direttamente sui giornalisti perché non potessero usufruire della copertura legale fornita dall’azienda.

Un colpo bassissimo firmato da chi della protezione dei lavoratori ha sbandierato il vessillo per poi farne un falò senza porsi alcuno scrupolo.

Purtroppo però i programmi della Bellanova furono intralciati dal cammino della giustizia che pur procedendo lentamente quando morde deve giungere a un esito anche al netto degli stratagemmi studiati apposta per evitarla. Tanto la Bellanova ha fatto e detto che mentre si attendeva l’udienza contro i giornalisti fu condannata in appello a risarcire il suo portavoce assunto con partita IVA fasulla e quindi pagato in nero.

La ciliegina sulla torta poi è l’ignoranza spettacolare e manifesta dell’ex ministra: secondo la Consulta è incostituzionale richiedere una pena detentiva per i giornalisti accusati di diffamazione. Una sentenza evidentemente sconosciuta anche al Pm, altro ignorantone, che chiese sei mesi di carcere per tutti i colleghi denunciati dalla Bellanova.

Sei mesi di carcere per aver fatto bene il proprio lavoro dato che la notizia era verificata e sostenuta da carte processuali incontestabili. Com’è finita la faccenda? I giornalisti sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste.

Cos’ha guadagnato Teresa Bellanova? La conferma della pessima reputazione di chi usa il proprio potere per silenziare i giornalisti contro l’art 21 della nostra benedetta Costituzione, svilita come i pochi giornalisti onesti impegnati in slalom tra querele temerarie.

Questa è l’Italia di Teresa Bellanova, un luogo in cui la libertà di informazione dipende dai propri capricci di parlamentare arrogante e indegna di rappresentare il proprio paese, tant’è che non è stata rieletta. ADDIO cara.