DI PAOLO DI MIZIO
Nella guerra in Ucraina, contrariamente a quanto afferma la narrativa occidentale, i russi si sono mossi finora coi guanti bianchi, cercando di risparmiare quanto più possibile vite e sofferenze della popolazione civile.
La stessa cosa non hanno fatto gli ucraini che dal 2014 fino al 21 febbraio 2022 hanno sistematicamente bombardato i civili russofoni nelle città del Donbass.
Di guanti bianchi non ci fu traccia quando noi – esattamente gli Usa e la Nato, ivi inclusa l’Italia – bombardammo la Serbia per 78 giorni e 78 notti consecutive. Si cominciò il 24 marzo 1999. Furono colpiti per primi aeroporti e basi militari, a Belgrado e in tutto il Paese, ma contemporaneamente furono bombardate le abitazioni e le infrastrutture: elettricità, stazioni ferroviarie, tv e impianti di comunicazione.
Per esempio, il bombardamento di un ponte mentre transitava un treno, il 12 aprile, provocò 50 morti, tutti civili. Il 14 aprile i jet della Nato attaccarono un villaggio agricolo nel Kosovo, uccidendo 75 civili (poi si scoprirà che erano kosovari e non serbi, ma nessuno chiese mai scusa dell’errore).
A fine aprile la Nato lanciò testate incendiarie su Belgrado, in aree fittamente popolate. I missili incendiari distrussero gli uffici del partito socialista, uccidendo chi c’era all’interno, e sventrarono il palazzo della televisione di Stato, ammazzando 16 giornalisti e tecnici. Il 1° maggio un missile sparato da un jet distrusse un autobus a Belgrado, provocando la morte di 47 civili.
L’8 maggio fu sventrata l’ambasciata cinese a Belgrado: la Nato attribuì l’incidente a un errore, ma tutti sapevano che i cinesi avevano acquistato dai serbi la carcassa di un jet americano abbattuto e quella carcassa era custodita in un hangar dell’ambasciata in attesa di essere smontata e inviata in Cina dove sarebbe stata studiata per carpire segreti tecnologici americani.
Questo è solo un elenco infinitesimo delle distruzioni e devastazioni inflitte alla Serbia nonché dell’immondo massacro di civili attuato senza alcuna remora da Usa e Nato, ossia da noi. Non cito neppure i massacri in Iraq e altrove, dove si tratta di milioni (non migliaia) di morti ammazzati.
Con questo voglio solo ricordare che noi ammazzammo più civili serbi in 78 giorni di quanti civili ucraini siano morti sotto le bombe russe in 9 mesi (8.000, secondo le cifre ucraine e dell’Onu). Chi conosce questi fatti e ha studiato le prassi di guerra degli Usa e della Nato (in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, ecc.), capisce benissimo che fino a oggi i russi hanno agito coi guanti bianchi verso la popolazione civile.
Le forze armate russe hanno intrapreso la distruzione della rete elettrica ucraina solo per ritorsione, il giorno dopo l’attentato dinamitardo contro il ponte in Crimea. Prima di allora avevano risparmiato la rete elettrica per evitare ulteriori sofferenze alla popolazione.
Ci sono molti obiettivi civili che la Russia finora ha risparmiato. Per esempio, la televisione di Stato, il palazzo presidenziale di Zelensky, la sede del parlamento ucraino, le sedi dei partiti politici e la stazione ferroviaria di Leopoli dove giungono i treni dal confine polacco coi carichi delle armi occidentali che sono poi smistate in tutta l’Ucraina.
Coloro che accusano i russi di atrocità – compresi i tanti presunti e non dimostrati “crimini di guerra” – ma non hanno mai sollevato un sopracciglio per le atrocità ben peggiori commesse dagli Usa e dalla Nato, sono o ipocriti o ignoranti (ignorano i fatti) o entrambe le cose insieme.
“Gli Stati Uniti violano regolarmente la legalità internazionale (…) L’occupazione di un Paese per finalità politiche non è un concetto inventato da Putin: è stato introdotto e giustificato come strumento politico dall’Occidente” (Ilan Pappé, storico israeliano). [Quelle che seguono sono alcune foto di distruzioni e lutti in Serbia. Guardate i palazzi sventrati, guardate i visi della gente. Grazie per le foto a Natalie Kazmina]