DI ANTONELLO TOMANELLI
Questa è la faccia di Olexandr Turcynov, segretario generale del Consiglio per la Sicurezza e la Difesa Nazionale dell’Ucraina, al quale possiamo oggi applicare, nel nostro piccolo e senza presunzione, la legge del contrappasso.
Ha diffuso su Telegram l’immagine della professoressa Donatella Di Cesare, saggista, docente di filosofia teoretica all’Università La Sapienza di Roma e ospite di numerosi talk show nostrani, accompagnata dalla seguente didascalia: «La pubblicista italiana Donatella di Cesare diffonde nei media occidentali narrazioni identiche a quella russa, ricoprendosi delle immagini di una europea purosangue e di una intellettuale».
L’ultima proposizione non è ben chiara. Ma rassegnamoci, perché stiamo sempre parlando del massimo organo consultivo di uno come Zelensky.
Intendiamoci, l’iniziativa non costituisce una novità per noi, ormai abituati alle liste di proscrizione con tanto di fotografia di personaggi pubblici e meno pubblici, stilate da alcuni giornaloni italiani. Ma un conto è se la discutibile iniziativa proviene da un quotidiano, altro quando a proporla è un organo istituzionale composto da ministri, capi di stato maggiore e vertici dei servizi segreti, deputato per Costituzione a prevenire le minacce alla sicurezza nazionale.
Se poi consideriamo che in Italia vivono circa 400 mila ucraini, difficile che una simile pubblicazione possa sortire un effetto edulcorante sulle passeggiate quotidiane della professoressa Di Cesare.
Proviamo a immaginare il nostro omologo Consiglio Supremo di Difesa, presieduto da Sergio Mattarella, che diffonde on line la foto del giornalista russo Vladimir Solovyov, additandolo come nemico del popolo italiano.
Siamo alla deriva? Probabilmente sì.
Ma non per la bravata del Consiglio ucraino, che non deve meravigliarci più di tanto. In fondo, cosa potremmo aspettarci da uno Stato in cui da almeno otto anni giornalisti considerati filo-russi vengono ammazzati per strada, con il plauso delle più diffuse testate giornalistiche e il tribunale competente che perde i fascicoli dell’inchiesta.
No. Il problema è il governo italiano delle non pervenute reazioni. Se avesse un minimo di decenza, questo governo ad una simile tracotante iniziativa risponderebbe con un noto imperativo inglese di uso comune. Una docente attaccata da uno Stato estero per le sue posizioni, magari non condivisibili ma pienamente legittime perché tutelate dall’art. 21 della Costituzione, va difesa a spada tratta e con orgoglio. Ma come vi permettete, dovrebbe tuonare il ministro degli Esteri all’ambasciatore ucraino convocato per direttissima.
Invece, questo governo tace. Perché questa no, non è un’ingerenza, vero?