DEL DOMINIO E DEL CONSUMO SEDUTI IN UN CAFE’

DI ANTONIO CIPRIANI

REDAZIONE

 

 

C’è un posto a Milano che ho sempre amato, è la Libreria del Mondo Offeso. Sta in piazza San Simpliciano, agisce come avamposto politico e culturale, la libraia-attivista si chiama Laura. Libri scelti con intelligenza, dibattiti e musica, il tavolo comune, la poesia. Sopra la cassa il manifesto di Leo de Berardinis. Un risuonare di bellezza.

Ma non voglio raccontarvi questa meraviglia. Andateci, fate prima. Dico che questa libreria agisce anche come casa editrice e ha un blog dove si incontrano pensieri e riflessioni sul tempo oscuro in cui viviamo. Di questo voglio parlare.

Nel blog c’è un recente e interessante articolo che affronta i meccanismi del dominio e del consumo. Il racconto parte dalla fotografia di uno spazio di socialità, un caffè, anzi café, in centro a Milano. Per ovvi motivi il luogo è cool ed è uguale ad altri luoghi simil-cool milanesi. Al tavolo, non all’ora di punta, una frotta di giovani con il Mac portatile. Scrive l’articolista: “In questa semplice immagine (che appare assolutamente inoffensiva) è racchiusa tutta la potenza del SIMBOLICO nell’ambito del consumo nella società contemporanea. C’è da chiedersi se tutti quei trentenni sono dei progettisti industriali o dei grafici freelance. Immaginiamo di no altrimenti non starebbero lì ma da qualche altra parte a lavorare”.

Ma chi sono allora? Sono adepti della società immateriale, fuori sede, compilatori di curriculum per strappare uno stage non pagato, ma anche perdigiorno, cazzeggiatori social, aspiranti creativi in posa Instagram. Sono nel luogo fighetto, con una posa fighetta, per sentirsi parte attiva, ruggente e operosa; danno il loro contributo volontario e gratuita alla società dello spettacolo. La dolce suadente convincente società dello spettacolo. Scrive il nostro articolo: “Il simbolico d’una merce costruisce, quindi, un immaginario che induce, soprattutto in chi è escluso da un certo stato sociale, l’aspirazione a farne parte”.

Milano è una metropoli veloce, scintillante, piena di occasioni e di vetrine spettacolari, dove tutto è moda e immagine. Un posto anche inaspettatamente conformista, ma di un conformismo talmente evoluto, sottile e creativo, da essere vissuto come trasgressione, come rivoluzione epocale, come arte applicata al benessere tramite successo.

Per questo penso ai giovani del caffè cool descritti nel blog del Mondo Offeso e mi interrogo. Non da oggi, lo facevo anche quando vivevo all’Isola e restavo sempre sorpreso dalla perfidia dell’epoca in cui vedevi i ragazzi arrivare da tutta la penisola a studiare e sembrava studiassero format (traduci obbedienza), per poter riuscire a fare per due soldi un lavoro creativo immateriale, sottostando a ricatti e vivendo sottopagati ma felici, con i fondi di rinforzo dei genitori lontani (quelli che non capiscono, che pensano ancora al posto fisso, alla casa, al lavoro come fatica. Gli insegnanti, i medici, i macellai, i falegnami, gli impiegati…).

Poi se ci parli ti rendi conto che si sentono protagonisti di un mondo nuovo in cui, incidentalmente fanno tappezzeria, ma per il futuro sono pieni di certezze di successo e creatività. Nell’attesa, eseguono. Manovali di altrui idee. Incapaci di riconoscere un prodigio se non è ben indicato nel bugiardino d’uso. Chissà quanti ne avrete visti e quanti ne vedrete. E quanti ne vediamo apparire qui sulle nostre strade remote e rurali.

Mi interrogo su quando possa aver fatto breccia questa visione così innovativa e patetica della società (Direi l’altra faccia del populismo. Non peggiore, non migliore). Quando è apparsa un’idea di obbedienza così raffinata da somigliare all’irriverenza, tanto da essere confusa con la sovversione, da sembrare all’occhio poco attento così creativa e democratica.

La riflessione di questo Polemos è dolorosa. Il periodo è questo, faticoso e oscuro. Sembra di camminare come sonnambuli in una realtà ipocrita dove tutto è certezza assoluta e forte è il dubbio che l’etica si infranga sugli scogli dell’indifferenza. E in questo procedere in spazi sempre più sottili di curiosità, democrazia, poesia, teniamo stretti quelli che continuano a spalancare nuove porte, a non dimenticare, a non lasciar cadere tutto. Per questo penso a Laura del Mondo Offeso. Penso alle persone belle e toste che si battono perché i progetti proseguano, semplici e non di marketing, culturali e territoriali, non finti e di fasulla sovversione.

Continuiamo a camminare, nonostante tutto.

 

Di Antonio Cipriani, dalla redazione di:

27 Novembre 2022