DI MASSIMO NAVA
Massimo Nava, non contento di 40 anni di giornalismo da inviato e corrispondente estero al Corriere della sera e degli editoriali per il suo vecchio giornale e persino (troppo raramente per Remocontro), ha deciso di mettere su un gruppo ‘blindato’ di amici che possono leggere i testi o ascoltare/vedere suoi ‘podcast’ di politica internazionale su WhatsApp . «Massimo Nava Corriere.it», ma se non siete stati invitati rinunciate. I messaggi e le chiamate sono crittografati end-to-end. Nessuno al di fuori di questa chat, nemmeno WhatsApp, può leggerne o ascoltarne il contenuto. Remocontro può anche adesso, dopo che il meglio di Massimo Nava ve lo propone ormai da molti anni.
Oggi un tema chiave per il futuro del mondo e soprattutto della nostra vecchia e stanca Europa.
Il disagio Usa-Ue e i diversi modi di raccontarli partendo dall’Ucraina
Il disagio c’è e offre una diversa narrazione dell’unità conclamata fra Europa e Stati Uniti. Non si tratta di divisioni strategiche, ma di divergenze sul piano economico, in pratica sul modo di intendere la solidarietà fra Paesi amici e alleati. Il fatto è che la guerra in Ucraina presenta il conto anche all’Occidente ed è evidente chi siano i vincenti e i perdenti; affari a gonfie vele per gli americani, sacrifici e inflazione record in Europa. Come riporta Politico, funzionari della Ue criticano la Casa Bianca per i prezzi del gas alle stelle e per le decisioni protezionistiche in ambito commerciale e industriale, in particolare per l’industria della difesa.
Le guerre non nascono o sono sostenute mai per caso
Gli Stati Uniti sono il maggior fornitore di aiuti militari all’Ucraina. I magazzini e gli stoccaggi sono svuotati. «Il fatto è che il Paese che sta traendo maggior profitto da questa guerra sono gli Stati Uniti, perché vendono più gas e a prezzi più alti e perché vendono più armi». Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha invitato Washington a rispondere alle preoccupazioni europee. «Gli americani – i nostri amici – prendono decisioni che hanno un impatto economico su di noi». Le esportazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti all’Europa «hanno permesso all’Europa di diversificarsi dalla Russia», ha replicato un portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Ma il prezzo che i Paesi europei pagano per ridurre la dipendenza dall’energia russa è altissimo. A questo si aggiunge l’impennata degli ordini di materiale militare di fabbricazione americana.
La Francia di lontano spirito gollista
Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che i prezzi elevati del gas negli Stati Uniti non sono «amichevoli». Ministri e diplomatici di altri Paesi hanno espresso la loro frustrazione per il modo in cui la Casa Bianca ignora l’impatto delle sue politiche economiche sugli alleati europei. «Gli Stati Uniti ci vendono il loro gas con un effetto moltiplicatore di quattro quando attraversano l’Atlantico», ha detto alla Tv francese il commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton: «Naturalmente gli americani sono nostri alleati, ma quando qualcosa va storto è necessario dirlo anche tra alleati».
“Inflation Reduction Act”, protezionismo alla Biden
La disputa sull’Inflation Reduction Act (Ira) di Jeo Biden – un enorme pacchetto di misure fiscali, climatiche e sanitarie per 369 miliardi di dollari – evidenzia il rischio di una guerra commerciale transatlantica, mentre i funzionari di Bruxelles elaborano piani per un fondo di emergenza per salvare le industrie europee. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire ha accusato gli Stati Uniti di aver imboccato la strada dell’isolazionismo economico della Cina, esortando Bruxelles a replicare tale approccio. «L’Europa non deve essere l’ultima dei Mohicani», ha dichiarato. «Stiamo vivendo una crisi di fiducia strisciante sulle questioni commerciali», ha detto il deputato tedesco Reinhard Bütikofer. Ma gli Usa rimandano le critiche al mittente.
Il mercato senza patria (e senza scrupoli) sempre dove corre il dollaro
I prezzi del gas sarebbero il riflesso del mercato privato e non di una politica. «Le aziende statunitensi sono fornitori trasparenti di gas naturale in Europa, la differenza tra i prezzi di esportazione e di importazione non va agli esportatori statunitensi, ma alle società che rivendono il gas all’interno dell’Ue. Il maggior detentore europeo di contratti a lungo termine per il gas statunitense è, ad esempio, la francese TotalEnergies». L’energia più economica è un enorme vantaggio competitivo per le aziende americane. Grandi imprese stanno pianificando investimenti negli Stati Uniti o stanno trasferendo attività dall’Europa alle fabbriche americane. Proprio questa settimana, la multinazionale chimica Solvay ha annunciato di aver preferito gli Stati Uniti all’Europa per nuovi investimenti. Le conseguenze sull’industria europea già si fanno sentire.
Tesla di Elon Musk, l’amico twitter di Trump, torna a far miliardi a casa
La Tesla, ad esempio, dopo avere investito a Berlino, dove ha costruito una modernissima «Gigafactory», ha frenato su un secondo progetto a Grünheide, un’importante fabbrica di batterie, come ha riferito il Wall Street Journal. Invece di investire in Germania, il capo di Tesla, intende concentrare i suoi investimenti negli Stati Uniti. Il motivo è da ricercare nelle agevolazioni fiscali introdotte da Biden. Il presidente intende ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni, anche a spese di partner stretti come la Germania. Ha detto in un tweet: «Immaginate un mondo in cui le persone sollevino il cofano della loro auto e vedano ‘made in America’».
La tedesca Bmw, elettrica in Carolina del Sud
Le misure della Casa Bianca inducono cambi di strategie anche da parte delle industrie europee. La tedesca Bmw ha annunciato l’intenzione di espandere la propria fabbrica di Spartanburg, nella Carolina del Sud, nei prossimi anni, per un costo di 1,6 miliardi di euro. Il costruttore di Monaco di Baviera intende produrre sei nuovi modelli elettrici in questo stabilimento. All’inizio di settembre, il gruppo chimico tedesco Evonik ha inaugurato un centro di ricerca in Pennsylvania. L’Europa è sconfortata. Da un lato, è ovviamente un «buon segno» che gli americani intendano ora combattere il cambiamento climatico con un «forte pacchetto legislativo», come ha recentemente commentato il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck (Verdi).
Concorrenza utile se leale. Quasi mai
Ma queste misure non dovrebbero alterare le condizioni di concorrenza leale, il famoso «level playing field», tra Europa e Stati Uniti. «È chiaro che le aziende sono tentate di andarsene, attirate dai sussidi», ha continuato il ministro dei Verdi, «ed è per questo che l’Inflation Act di Biden richiede una risposta forte. La strategia statunitense dovrebbe incoraggiarci a raddoppiare gli sforzi per la competitività europea», ha dichiarato il ministro delle Finanze Christian Linder (Fdp, liberale). Anche il cancelliere Olaf Scholz (Spd, socialdemocratico) ritiene che non si possa restare inerti di fronte alla pioggia di sussidi degli Stati Uniti. Su questo punto ha il sostegno della Francia, dopo che negli ultimi mesi si sono verificati diversi screzi tra Francia e Germania.
Aiuti di Stato all’americana in versione cinese
«Dobbiamo svegliarci», ha tuonato Emmanuel Macron il 17 ottobre, all’apertura del Salone dell’Auto di Parigi, dove la forte presenza di costruttori cinesi ha testimoniato il peso e la fiducia acquisiti dal Regno di Mezzo. Il presidente francese ha rilevato «una strategia molto offensiva di aiuti di Stato» a sostegno dei produttori nazionali, non solo in Cina ma anche negli Stati Uniti. Macron sta considerando di limitare il pagamento degli incentivi all’acquisto di auto elettriche ai soli veicoli «made in Europe». Per il momento, tuttavia, non si intravede una risposta europea univoca. Ma il commissario Ue Breton sta discutendo con Berlino e Parigi per una linea più dura. L’Unione europea rimarrebbe aperta alle imprese di altre regioni economiche, «ma alle nostre condizioni». E non mancano altri punti critici.
La Germania, dopo il conto salato Nord Stream, corre in Cina
Washington osserva con attenzione l’influenza della Cina sull’economia tedesca, soprattutto nel settore automobilistico. Il fatto che Scholz si sia recato a Pechino con gli industriali tedeschi per incontrare Xi Jinping e che abbia permesso all’armatore cinese Cosco di acquisire una partecipazione nel porto di Amburgo ha provocato un’irritazione negli Stati Uniti. Le recenti tensioni tra Berlino e Parigi sembravano quasi dimenticate il 22 novembre, quando Bruno Le Maire e Robert Habeck hanno annunciato la loro strategia nei confronti degli Stati Uniti.
Regole del commercio violate dagli Usa, e litigi in casa
Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung, il ministro dell’Economia tedesco ha sostenuto che le misure statunitensi non sono «in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio». Bruno Le Maire e Robert Habeck hanno rilasciato una dichiarazione congiunta. «Chiediamo una politica industriale europea che consenta alle nostre aziende di prosperare nel mezzo della concorrenza globale, in particolare attraverso la leadership tecnica». Ma le frizioni permangono.
Macron non ha gradito di essere stato escluso dalla visita del Cancelliere a Pechino. Inoltre, non è stato informato in anticipo dell’attuazione di un piano di aiuti da 200 miliardi di euro in Germania per compensare la crisi energetica. Da parte sua, Scholz ha criticato il presidente francese per avere bloccato il progetto del gasdotto MidCat.
Articolo di Massimo Nava, dalla redazione di
29 Novembre 2022
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