DI ALESSANDRO GILIOLI
Personalmente sono abbastanza allibito non tanto dall’accanimento di questo governo verso le lavoratrici di lungo corso, quanto per la quasi totale assenza di reazioni a quello che è stato deciso per loro nella legge di bilancio.
In sostanza, dopo tante promesse, non solo il governo ha fatto cassa con le pensioni in generale, ma soprattutto ha punito le lavoratrici anziane, quelle che negli scorsi decenni si sono dovute “raddoppiare” tra impegno fuori casa e caring familiare.
1) Opzione donna, già poca cosa, è stato ulteriormente ristretto, fino al grottesco.
2) La cosiddetta Quota 103 (che poi tale non è) ignora un principio da sempre applicato nel sistema pensionistico italiano, e cioè che proprio per il doppio lavoro eseguito per decenni (e per il minor reddito medio) le donne hanno diritto a uno sconto sull’anzianità rispetto ai maschi (perfino la legge Fornero, pur nella sua complessiva durezza, manteneva questo principio: nella cosiddetta Quota 103 è assente).
3) In assenza dell’applicazione di questo principio, con questa legge di bilancio la situazione per molte di loro è addirittura peggiorata: se la finestra Draghi fosse stata prorogata, infatti, nel 2023 le donne nate tra il 1957 e il 1960 avrebbero avuto la possibilità di uscire a piena pensione con 38 anni di contributi: ora invece gliene sono richiesti tre in più, e – come si diceva al punto 1 – senza più nemmeno la scappatoia di Opzione donna
In altre parole, la destra ha fatto campagna elettorale promettendo di mandare tutti in pensione prima, ma se poi alcune fasce sono state in effetti avvantaggiate dalla nuova finestra (poche: solo i-le over 62 dopo 41 anni e tre mesi di lavoro, e con pensioni basse) , altre sono state invece beffate e punite: tra queste, appunto, diverse classi anagrafiche di donne, soprattutto quelle che per motivi personali non hanno avuto regolari contratti con contributi per almeno 41 anni.