DI MARIO PIAZZA
Se io fossi un politico non potrei mai rappresentare gli interessi si tutti, non avrebbe senso. Rappresenterei quelli di chi mi ha eletto perché ha reputato giuste e condivisibili le mie idee e ha creduto alla mia voglia di trasformarle in battaglie e possibilmente in leggi.
Un concetto semplice su cui poggia quello più complesso di democrazia ma non esiste complessità che possa giustificare il lobbismo, ovvero il diritto di raccogliere per strada interessi particolari e di rappresentarli in qualsiasi amministrazione pubblica.
Accettare il lobbismo, manifesto oppure riservato non fa differenza, significa accettare anche che gli interessi particolari di cui divento portatore mi esprimano la loro riconoscenza. A volte con valigette piene di quattrini e altre con incarichi ben remunerati nelle aziende che ho favorito, mettiamola come ci pare ma sempre di corruzione si tratta.
I partiti, i media e l’opinione pubblica urlano di sdegno solo quando questo meccanismo esplode in ridicole contraddizioni come nel tentativo di maquillage del Qatar ma va invece benissimo se Minniti viene messo a capo di “Leonardo” o Crosetto di “Orizzonti Sistemi Navali” o se Renzi va a baciare le pantofole di Bin Salman in Arabia Saudita.
Sento una gran puzza di ipocrisia, quegli straccioni sprovveduti che hanno intessuto le lodi del Qatar mi fanno quasi pena.