“NON DIMENTICHIAMO”

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

È la cronistoria – dal ‘48 ad oggi – dei “caduti”, operai, braccianti, studenti, sindacalisti, uccisi dai fascisti, dalle forze dell’ordine e dalla mafia. Una scia di vite spezzate.

1949

A COLPI DI MITRA SUI LAVORATORI

Isola Liri, in provincia di Frosinone. Qui la disoccupazione morde alle caviglie. Chi ha un lavoro cerca di tenerselo stretto. La guerra ha dissanguato fabbriche e fabbrichette. Gli imprenditori fanno i padroni, reclamando il diritto di licenziare come e quando vogliono.
Qui l’industria cartaria è una delle fonti occupazionali dell’area. Nelle “Cartiere Meridionali” tira una brutta aria. Il 14 febbraio la direzione della cartiera affigge un avviso in cui annuncia <<la sospensione di ogni attività dello stabilimento dalle 6 del giorno 15>>. Obiettivo della serrata: buttar fuori almeno 250 operai, su mille.
I lavoratori si organizzano, occupando gli impianti.
Giovedì 18 febbraio. Polizia, carabinieri ed agenti della “celere”, duemila uomini in tutto, assediano la fabbrica, in assetto di guerra, sfoderando un vero e proprio arsenale: 4 autoblindo con cannoncini, 12 mitragliatrici pesanti e perfino un lanciafiamme.
Polizia e carabinieri da una collina sovrastante lo stabilimento iniziano a sparare a tutto spiano sui cartai. 15 minuti di fuoco selvaggio. Bilancio finale: 35 feriti, di cui 7 versano in gravi condizioni. Una trentina gli arresti, tra questi il segretario della “camera del lavoro” di Frosinone. Fermato e poi rilasciato un inviato speciale dell’”L’Unità”, Gastone Ingrasci che scrive: <<si sparava ad uccidere. Non c’è dubbio. Non ho potuto stabilire chi avesse dato ordine di sparare, ma che si sparasse ad uccidere sono certo e non basteranno mille Scelba (ministro degli Interni) e mille Marazza (sottosegretario degli Interni) a farmi pensare il contrario>>.
E’ un vero miracolo che non sia morto nessuno nella cartiera. Chi invece ha perso la vita è un operaio, Tommaso Diafrate, venticinque anni, travolto da un autoblindo durante una carica di sfollamento. Gli operai per evitare ulteriori danni lasciano pacificamente i locali della cartiera. La fabbrica evacuata viene immediatamente occupata dai poliziotti, accompagnati dai dirigenti dell’”Unione provinciale industriali”.
Il giorno successivo, tanta rabbia. Nel frusinate è sciopero. Mentre la polizia non ha ancora abbandonato il teatro delle sue gesta. Le autoblindo della celere stazionano sempre davanti alla cartiera.
I sanguinosi avvenimenti di Isola Liri non lasciano indifferenti i lavoratori di Roma, che già dalle prime ore del mattino hanno incrociato le braccia. Dalla “Breda” alla “Fatme”, dalla “Stefer” alla “Stigler”, dalla “Fiorentini” alla “Otis”, dai cantieri edili ai poligrafici.
Un ’ondata di indignazione investe Governo e forze dell’ordine.
Al Colosseo oltre ventimila lavoratori danno vita ad una manifestazione. Dirigenti sindacali vengono ricevuti dal capo del governo, De Gasperi, che pubblicamente non ha usato neanche una parola di condanna.
“Il comportamento di Scelba è stato semplicemente vergognoso. Alle prime notizie giunte da Frosinone il ministro degli interni, senza nemmeno attendere il rapporto dei suoi poliziotti, diramava alla stampa un comunicato contenente affermazioni pazzesche come quelle che la polizia sarebbe stata accolta dagli operai della Cartiera con il lancio di bombe a mano e colpi di arma da fuoco”. (L’Unità, 19 febbraio 1949)