IL GRANDE BUSINESS DEL GAS AMERICANO DIVENTATO ESSENZIALE PER L’EUROPA GRAZIE ALLA GUERRA

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Washington ha iniziato a vendere il suo gas all’estero solo nel 2016, e nel 2022 ne hanno esportato 81,2 milioni di tonnellate, in un incredibile testa a testa con il Qatar. Anzi, Washington non è uscita vincitrice assoluta, primato mondiale a suon di miliardi di dollari, soltanto per un incidente.
Il colossale impianto per l’esportazione del gas di Freeport, in Texas, è paralizzato da giugno per un incendio e dovrebbe riaprire nelle prossime settimane. Un ritorno in attività che appare destinato a consolidare quest’anno il primato degli Stati Uniti.

Mosca precipita Washington ingrassa

Quasi a simboleggiare l’ascesa americana all’ombra dei tagli e dei boicottaggi delle forniture di Mosca verso l’Europa -scrive il Sole 24 Ore-, la prima nave diretta in Germania e carica di gas naturale liquefatto ha attraccato nelle ultime ore nel porto di Wilhelmhaven, nel mare del Nord dove, sino a meno di un anno fa, correva sott’acqua quello russo lungo in primo gasdotto South Stream, mentre il nuovissimo numero due litigava proprio con gli Stati Uniti per poter entrare in funzione. Ucciso prima di nascere, di entrare in funzione, assieme al suo gemello per una esplosione sottomarina da guastatori ufficialmente ignoti.

“Maria Energy” del miracolo

Il vascello, la “Maria Energy”, ha rappresentato un iniziale, regolare invio di Gnl, il gas liquefatto Usa a Berlino a sostituire il più comodo e assolutamente meno costosi gas russo che la guerra in Ucraina ha vietato per sanzioni. Su scala internazionale, i nuovi dati compilati da Bloomberg utilizzando le informazioni sulle spedizioni via nave, trasformano in numeri l’esito della rivoluzione tutta americana nel settore negli ultimi mesi, a colpi di gas e greggio di scisto, estratto cioè con la controversa pratica della fratturazione idraulica in giacimenti dal Texas alla Pennsylvania, e di nuovi investimenti miliardari in impianti di liquefazione.

Oltre il 15% del Gnl Usa viene esportato

La cifra corona tutti i disegni non solo commerciali ma anche strategici americani, e non solo quelli di indipendenza ma addirittura di una nuova leva di “proiezione mondiale” sul fronte dell’energia. Non solo un mare di soldi ma anche potere, la traduzione pratica meno elegante ma molto più pratica e realistica, coltivata da numerose e politicamente diverse amministrazioni statunitensi, da Donald Trump a Joe Biden, senza distinzione di schieramenti.

Ma il gas liquefatto americano resta costoso

La gara per sfruttare la nuova domanda di Gnl, nel lungo periodo, rimane tuttavia aperta, precisa ancora il giornale economico. Il Qatar, che non è solo mondiali di calcio a corruzione di eurodeputati, è a sua volta impegnato in vasti programmi di espansione, puntando a strappare la leadership globale a cominciare dal 2026. L’Australia rimane in lizza come terzo grande esportatore. Mentre il gas naturale, assieme e forse più di altre fonti tradizionali di energia, è tornato in auge per tamponare immediati traumi geopolitici sui mercati come per rispondere a prospettive d’una più protratta transizione verso forme pulite e rinnovabili.

Classifica e miliardi in movimento

Cambi della guardia sono avvenuti anche nella classifica degli importatori di Gnl. Ad esempio il Giappone ha superato la Cina, stimolato dai preparativi per l’inverno mentre a Pechino ha goduto del gas russo con lo sconto e le recrudescenze della pandemia hanno limitato in consumi industriali. Con gli Stati Uniti passati in testa alle graduatorie dell’esportazione di gas nel giro di pochissimi anni e di una sola guerra in casa europea, che è bastata a spezzare i legami politico commerciali europei con la Russia, respinta ora verso l’Asia.

E il Gnl è a tutti gli effetti diventato pilastro d’una nuova leadership globale americana nell’energia oggi rafforzata dalle ripercussioni della guerra.

 

Articolo pubblicato dalla redazione di

4 Gennaio 2023