“ON MY DEAD BODY!”

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Quando negli anni 90 andai a vivere in Sud Africa il regime razzista era caduto da poco e Nelson Mandela era appena stato nominato presidente. Le leggi della Apartheid erano state tutte abolite ma il loro cascame sociale ed economico continuava ad esistere nella comunità bianca e per certi versi, in forma passiva e rassegnata, anche in quella nera.
Ho perso il conto delle angherie che ho visto rifilare ai neri come se fosse normale. Ho visto lavoratori sfruttati, camerieri insultati, mendicanti maltrattati, domestiche e giardinieri alloggiati in tuguri dove neppure il mio cane avrebbe dormito.
Era quella la società in cui avevo scelto di vivere, negli anni le cose sarebbero poi andate meglio ma a quel tempo c’era ben poco che io potessi fare. Potevo rifiutare di comportarmi “da bianco” e l’ho fatto, ma Dio solo sa quante volte ho dovuto lasciar raffreddare il sangue che mi ribolliva nelle vene davanti a tanta ingiustizia.
Non c’erano alternative salvo quella di andarmene perdendo le mille cose meravigliose che quel paese aveva da offrirmi e comunque la mia partenza sarebbe stata irrilevante e avrebbe sottratto a quel piccolo mondo che mi ruotava intorno uno dei rari bianchi autenticamente anti-razzisti.
Sono rimasto lì, per amore e per convenienza. Ho sopportato l’insopportabile e ho dato fondo a tutte le mie riserve di pragmatismo e di ipocrisia per non buttare all’aria tutto ma sapevo che prima o poi sarebbe arrivato lo scontro frontale.
Quando è arrivato non ho neppure provato a sterzare o a frenare, ciò che è accaduto non era nemmeno una cosa più tremenda di tante altre che avevo imparato a sopportare ma quella volta, proprio quella volta, il corpo e la mente si sono rifiutati di obbedirmi perché sapevo che se l’avessi lasciata passare avrei perso per sempre il rispetto di me stesso.
E’ stato quel “No, questo non lo posso accettare” ad iniziare, senza che neppure me ne fossi accorto, il percorso che quasi un anno dopo mi avrebbe portato a lasciare il luogo che più amo al mondo.
PS: non so perché vi ho rifilato questi pensieri, forse hanno a che fare con il mio post di ieri.