HOME SWEET HOME

DI CLAUIDIO KHALED SER

CLAUDIO KHALED SER

 

L’Uomo che a Roma ha accoltellato una donna, nel sottopassaggio della stazione Termini, era un “senzatetto”.

Definizione cruda di chi non ha una casa e vive per strada cercando riparo sotto un ponte, nei giardini, coricandosi tra i cartoni, in balia di se stesso e degli eventi.
Ora ne ha una, si chiama carcere e per un po’ sarà la sua casa.
Sono circa centomila, quelli censiti, che vivono così.
Più della metà sono italiani e lo dico per evitare qualche commento cretino del tipo “é un polacco clandestino” apparso sui giornali.
La clandestinità é certamente uno status che porta alla disperazione, alla vita precaria, spesso a delinquere per campare.
Ignazio vive (si fa per dire) a Legnano, paesotto borghese dell’hinterland milanese.
Con lui, moglie e tre figli, la loro casa é una macchina parcheggiata da mesi sotto lo sguardo di tutti.
C’é voluto un servizio tv per saperlo perché gli abitanti sono come le tre scimmiette, non vedo, non sento, non parlo.
S’accende la solidarietà, quella ipocrita, quella benpensante, quella del “facciamo qualcosa adesso”.
Già adesso, perché prima, quando sono stati sfrattati, quando dormivano sui sedili dell’auto, quando stendevano i pochi indumenti sul cofano ad asciugare, avevano raccolto solo sguardi di disapprovazione.
Hanno vissuto così per mesi, vicino alla chiesa dove i fedeli andavano a pregare un Dio che invece stava con Ignazio dentro una macchina.

E gli altri centomila?

Che facciamo, aspettiamo un servizio tv per conoscere il loro dramma?
La casa, così come il lavoro, é parte fondamentale della Dignità Umana.
Non può avere, dentro di se, nessuna Dignità, chi é costretto a vivere per strada, ad elemosinare un pezzo di pane per sfamarsi e sfamare la sua famiglia.
Non c’é Umanità in chi permette ad un Uomo di vivere come un cane randagio.
Non c’é Umanità in chi si gira dall’altra parte.
I “senzatetto” sono una ferita profonda, una piaga sociale ch rivela la cancrena di una Società sorda e muta davanti alla disperazione di alcuni.
Certo, ci sono le mense, ci sono i dormitori, ci sono gli indumenti regalati a chi non può nemmeno vestirsi.
Ma manca la soluzione.
Perché la Misericordia é solo un gesto.
Non si vive di misericordia, non si può pensare che una scodella di minestra sia la soluzione.
E’ tanto ma é poco.
Anzi é niente.

Una Società DEVE per prima cosa aiutare gli ultimi.

Quelli che non ce la fanno da soli.
Gino diceva spesso, “fermate un giorno la guerra ed io costruirò cento ospedali”.
E’ così difficile spegnere le armi e costruire cento case ?
Anche mille, se servono.
Dov’é finita l’edilizia popolare in favore dei bisognosi ?
Dove abbiamo messo la Solidarietà ?
Ma quelle file davanti alla Caritas, quelle code fuori da un dormitorio, quei cartoni che nascondono corpi sotto i portici, quei “senzatetto” che vagano spauriti per strada in cerca del nulla per vivere, non vi schiantano il cuore ?
Come é possibile che un dramma, sotto lo sguardo di tutti, ci renda ciechi?
Il Dio che avete appena finito di festeggiare é nato in una grotta, in una stalla.
Almeno lui ne ha trovata una.
Questi centomila nemmeno quella.