DI PIETRO GURRERI
«Quell’uomo le ha sparato davanti a me, ho visto lei accasciarsi e lui scappare. Mi sono detto: “O corro appresso a lui, o aiuto lei”. Ho aiutato lei, l’ho presa, l’ho portata verso il locale ma non è servito a nulla. L’ho vista agonizzare, ho visto l’ultimo sussulto, i piedi tremare impazziti, prima che il cuore si fermasse. L’ho vista mentre spirava, con un buco nel petto».
Simone, clochard di 47 anni, è tornato alla panchina che da anni è la sua casa. È stato il primo a prendersi cura di Martina Scialdone, l’ultimo a vederla viva. Piange come un bambino, mentre dice: «È anche colpa mia, avevo messo le cuffie per ascoltare un po’ di musica. Se non le avessi portate, se non mi fossi chiuso in me stesso, l’avrei salvata, sarei intervenuto. Avrei dato la mia vita, tanto ormai non sono più nessuno, per salvare la sua. Invece mi sono accorto di tutto solo quando era tardi, quando quell’uomo ha sparato. Questa è la tragedia dell’indifferenza e dell’omertà. Lei aveva chiesto aiuto, ma nessuno ha fatto niente».
Simone di cognome fa De Angelis, e per Martina, giovane avvocato massacrata dall’ex, è stato un angelo, dalle ali purtroppo spuntate dalla ferocia di quell’uomo. Le sue parole, e le sue lacrime sono commoventi, ma fanno anche riflettere sulla più grande tragedia di questa storia, l’indifferenza di tutti gli altri. Una donna è morta anche a causa di molti di loro, che si difendono. Mentre l’ultimo degli ultimi, Simone, piange e si accusa.
Una storia che, dal buon samaritano in poi, sempre si ripete. Con i poveri che sempre danno una mano, e che meritano un abbraccio anche quando non ce la fanno.
Grazie, Simone. Grazie lo stesso