DI CLAUDIO KHALED SER
Amo la notte, forse perché amo il suo silenzio o il buio che copre tutto e lascia spazio alla fantasia.
Amo lo stare solo, dentro il mio pensiero e lasciarmi trasportare da quel senso d’essere “nessuno” in così tanto spazio.
Ma un “nessuno” di cui faccio parte.
Anche da bambino, quando mi svegliavo di notte, salivo le scale e me ne andavo in soffitta.
Da li, attraverso un piccolo lucernaio, sbucavo sul tetto e mi sedevo a guardare i tetti della mia Cremona.
Cercavo nel buio d’immaginare chi c’era sotto quei coppi, cosa facevano, cosa sognavano, ed ascoltavo i piccoli rumori che arrivavano da non so dove…
Franco, mio fratello, mi veniva a riprendere.
Sapeva che ero li e che il mio posto sarebbe stato sempre sui tetti di notte.
Oggi, non ci sono più, ma c’é un giardino, un po’ di sabbia e il mare.
Resta il silenzio.
Ma é pieno di voci e faccio fatica a non ascoltare.
Vorrei che tacesse il mondo, vorrei parlarmi, chiedermi come sto, cosa penso di fare.
Non ne ho il tempo perché qualcuno nell’aria mi chiama ed io gli do retta, lo ascolto e mi perdo nelle sue domande.
Lei, come Franco, sapeva dove trovarmi.
Anche Lei stava in silenzio, mi prendeva la mano e mi riportava in casa.
Ma a volte m’invitava a camminare, a piedi nudi sulla sabbia davanti al mare che, rispettoso, taceva.
Eppure in quei momenti noi ci parlavamo.
Attraverso le mani, gli sguardi, i passi e le impronte lasciate.
Eravamo noi, quei “nessuno” quelle piccole parti dentro l’immenso.
E c’era un sorriso che mitigava la notte.
Un sorriso commosso da tanta armonia, un sorriso che se ne andava con un rufolo di vento e che le piccole, silenziose onde, portavano via.
Sono ancora qui, a camminare nel buio.
A cercare un silenzio che parli.
A sentire di Lei, ad annusare l’aria, a cercare una mano.
Sono ancora qui, chiedendomi perché.
E ritornano le voci, sommesse, talvolta inquietanti.
Sento mia madre chiamarmi ma il mio nome, detto da lei, non mi appartiene.
Non le rispondo, non la voglio sentire, ascoltarla sarebbe perdonare.
Ma la notte non perdona.
Ti mette davanti la vita, senza assoluzioni, senza condanne.
Lei mi manca.
Ed é un pozzo profondo.
Mi mancano le sue impronte sulla sabbia, quello sfiorarmi la mano, quel “adesso torniamo”…..
Mi manca e non c’é fine a questa notte dentro..