DI ALFREDO FACCHINI
È la cronistoria, dal ‘48 ad oggi, dei “caduti” – operai, braccianti, studenti, sindacalisti – uccisi dai fascisti, dalle forze dell’ordine e dalla mafia. Una scia di vite spezzate.
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ROBERTO FRANCESCHI – Milano 23 gennaio 1973.
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All’Università “Bocconi” è in programma un’assemblea del “Movimento Studentesco”.
Per il Rettore, Giordano Dell’Amore, possono accedere solo studenti dell’ateneo con il libretto universitario di riconoscimento.
È una provocazione.
Le assemblee serali nelle università erano sempre state aperte alla partecipazione di chi avesse voluto prendervi parte.
Studenti e lavoratori vengono allontanati senza troppe cortesie dalla celere. Sono le 22 e 40. Ne nasce uno scontro. All’angolo tra via Bocconi e via Sarfatti, partono colpi d’arma da fuoco sparati ad altezza d’uomo.
Roberto Piacentini, operaio della “Cinemeccanica”, viene raggiunto da un proiettile alla schiena, mentre, a Roberto Franceschi, una pallottola gli perfora la nuca. Franceschi, dopo essere stato soccorso da alcuni compagni, viene portato al Policlinico. Muore dopo una settimana in stato vegetativo, il 30 gennaio 1973. Quella pallottola maledetta gli ha devastato i centri nervosi.
<<Si è spento alle 15.30 al Policlinico di Milano Roberto Franceschi, lo studente ventunenne della Bocconi che martedì 23 gennaio scorso era stato raggiunto alla nuca da un proiettile esploso dalla polizia, nel corso di un breve ma violento scontro fra dimostranti e forze dell’ordine, davanti all’ateneo>>. (Corriere della sera, 31 gennaio 1973)
Uno degli sparatori ha un nome, quello dell’agente, Gianni Gallo.
Il poliziotto viene interrogato dal magistrato inquirente all’ospedale di Baggio, dove si trova ricoverato, ma non ricorda nulla. <<La sua memoria si è bloccata al momento in cui la jeep su cui si trovava venne raggiunta da una bottiglia incendiaria. L’agente non è stato in grado di dire all’inquirente se ha sparato oppure no>>. (Corriere della Sera, 2 febbraio 1973)
Sulla stampa meneghina cambiano subito le versione dei fatti. “La Notte”, insinua che a Franceschi abbia sparato <<qualche provocatore infiltratosi tra gli studenti>>.
Roberto, 21 anni, milanese, era iscritto al secondo anno della facoltà di “Economia e Commercio” della Bocconi. All’Università è uno dei più attivi del “Movimento Studentesco”.
<<All’Università Bocconi è uno dei leader del movimento studentesco che cerca di arginare l’insorgere di quella mentalità che voleva l’attività politica prioritaria rispetto all’impegno culturale e la ricerca della via facile nello studio, convinto che l’essere dalla parte degli sfruttati significa mettere a loro disposizione il meglio della ricerca scientifica>>. (Fondfranceschi.it)
Antonella compagna di studi al liceo scientifico: <<Ricordo ancora il giorno in cui i fascisti hanno tentato di attaccare la nostra scuola, il volto del mio professore di lettere, il mio scattare in piedi per andare a prendere nell’armadietto lo scudo di cartone che lui si era fatto e che io gli custodivo, e ricordo ancora le lunghe discussioni a tre con l’insegnante di filosofia che ci spiegava Hegel e Marx>>.
Emilio un compagno della Bocconi: <<Roberto si batté affinché tutti noi comprendessimo la necessità di acquisire profonde conoscenze scientifiche, come premessa indispensabile ad ogni trasformazione rivoluzionaria>>.
Solo dopo 6 anni nel 1979 si celebra il primo processo, l’ultimo nel 1985. Risultato: nessun colpevole.
Nonostante agli atti sia stato accertato che il colpo omicida era partito da uomini delle forze di polizia, che a sparare furono almeno in cinque e che l’impiego delle armi da fuoco contro i manifestanti era avvenuto in assenza di legittimi presupposti.
Un ultimo ricordo, ancora Antonella, sua compagnia di banco al “Vittorio Veneto”: <<Non so come sarebbe diventato Roberto da grande, forse sarebbe un signore un po’ tronfio, pelato, con la pancia; sarebbe sicuramente diventato “famoso”, ma sono certa che non avrebbe tradito i suoi ideali, non avrebbe potuto, non ne sarebbe stato capace …>>