DI ANTONELLO TOMANELLI
Cosa avrà spinto il cancelliere tedesco Olaf Scholz a calare le braghe davanti agli USA? E a rimangiarsi quanto annunciato durante la seduta del Bundestag dello scorso 28 settembre, quando fu respinta a larghissima maggioranza la mozione presentata da CDU/CSU per l’invio di armi pesanti a Kiev? Soltanto il giorno prima tre potenti esplosioni avevano squarciato il Nord Stream, la struttura che dalla Russia portava gas a buon mercato alla più forte economia d’Europa.
L’ipotesi più plausibile è la paura di ritorsioni. Con il passare dei mesi e a mente fredda, Scholz avrà pensato che quando qualcuno interessato a rompere un sodalizio economico come quello tra Germania e Russia, arriva ad eseguire un simile mostruoso atto di sabotaggio, addossando senza alcuna vergogna la responsabilità a chi quella struttura l’aveva costruita, non c’è da stare tranquilli. In più, con 35.000 militari americani in Patria.
E poi, uno come Scholz la Storia la conoscerà.
Avrà pensato ad Aldo Moro, quando nel 1974, durante una visita ufficiale negli USA, fu rinchiuso in una camera d’albergo da Henry Kissinger, che rimbrottandolo sulle posizioni filo-arabe e l’apertura al PCI, gli gridò perentorio in faccia: «Tu devi smetterla con il tuo piano politico. Altrimenti la pagherai cara, molto cara. Questo è un avvertimento ufficiale».
Un uomo abile e spregiudicato Kissinger, e tanto potente da aver diretto da Washington il golpe che l’anno prima aveva deposto, passandolo per le armi, Salvator Allende e portato al comando del Cile un criminale come il generale Pinochet. Non c’è da meravigliarsi se Moro, poco dopo essere uscito da quella camera d’albergo con quell’individuo dentro, ebbe un malore che lo costrinse a rientrare subito in Italia. E per diversi giorni, raccontava la moglie, meditò di abbandonare la politica. La sua fine è nota a tutti.
E come avrà potuto Scholz non pensare a Bettino Craxi, che nel 1985 umiliò gli USA davanti al mondo intero, impedendo loro di prendersi i sequestratori palestinesi della Achille Lauro, schierando, attorno all’aereo che li aveva appena sbarcati nella base militare americana di Sigonella, un plotone di Carabinieri pronto a far fuoco sui militari USA, che avevano ricevuto l’ordine di prelevarli e di portarli a Washington. In quei giorni di tensione, il suo interlocutore fu Michael Ledeen, un losco figuro che ebbe la faccia tosta e la forza di scavalcare il traduttore ufficiale delle telefonate tra Reagan e Craxi, manipolandole contro Craxi.
Nel 1990 Craxi fu avvicinato da tre agenti dell’Intelligence USA, che gli intimarono di ritirarsi dalla politica. O sarebbe stato peggio per lui. Anche la sua fine è nota a tutti.
Insomma, se c’è una cosa che la Storia ha incontrovertibilmente insegnato, è che è pericolosissimo scherzare con gli USA.
Ma questo è un problema che non ha nemmeno sfiorato Giorgia Meloni, che soltanto qualche anno fa dagli scranni del Parlamento attaccava la Nato per il suo progressivo avvicinarsi ai confini della Russia, accusandola di voler «riesumare un clima da guerra fredda». Non ha nemmeno avuto bisogno di essere avvertita. Non appena ha subodorato la vittoria che l’avrebbe portata a Palazzo Chigi, ha incominciato a mandare a Washington messaggi in ginocchio, che sarebbe riduttivo definire rassicuranti.
Lei certamente vivrà. Ma che pessimo esempio.