IL MEDIOEVO DEI DIRITTI SOCIALI

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

Chi era Aleksej Grigór’evič Stachánov?

Era un minatore sovietico.

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Eroe del lavoro e poi importante deputato del Soviet Supremo della URSS. La propaganda sovietica, alla ricerca di sempre maggiori produttività individuali, fece di lui un esempio nazionale e costruì su di lui una storia di sacrificio personale che tutti avrebbero dovuto seguire. Ne fece un eroe ed una sorta di totem del lavoro.
Dal suo sacrificio, non si sa quanto effettivamente reale, pubblicizzato in maniera capillare in ogni angolo della federazione sovietica, nacque una filosofia di vita che avrebbe accompagnato e caratterizzato, per molti anni, il senso stesso della partecipazione degli operai sovietici al progetto della grande URSS.
Milioni di operai, mediante una sempre più grande produttività, avrebbero assicurato alla collettività un sempre più grande “plusvalore”. Che sarebbe ritornato loro sotto forma di servizi e avrebbe contribuito alla grandeur dello stato sovietico.
La retorica del sacrificio e della abnegazione portata agli estremi.
Nacque così lo “stacanovismo”. Termine entrato nel linguaggio comune. Oggi tutti ne conoscono il significato.
È curioso rilevare come adesso, in Italia, l’informazione, il mainstreem, stiano facendo lo stesso giochetto dei sovietici.
Da qualche tempo si leggono sui giornali, o si vedono in televisione, storie che narrano di improbabili esperienze di sacrificio estremo, tutte motivate dall’amore per il lavoro.
E così non si parla del sempre maggiore sfruttamento, di salari da fame, di ricatti.
Non si parla di quasi 2.000 morti sul lavoro in un anno.
Non si parla delle manifestazioni dei lavoratori per il salario minimo garantito.
Non si parla di tutele, di ristoranti che hanno quattro lavoratori irregolari su sette.
Utilizzano lo stesso metodo propagandistico degli odiati comunisti, per diffondere un nuovo schiavismo, per trovare schiavi. Dimenticando però, piccoli ma importanti particolari, che Stachánov, insieme a tutti i suoi colleghi operai, aveva un sacrosanto diritto alla salute. Che gli veniva garantito in toto. Che poteva recarsi ad un pronto soccorso per un mal di testa. Che non pagava nessun farmaco e nessuna prestazione sanitaria. Che poteva sottoporsi ad un ecodoppler il giorno stesso o, al massimo, il giorno dopo. Che mandava i propri figli all’università pagando nulla, perché vigeva un rigoroso ed universale diritto alla educazione. Che Stachánov godeva di asili nido e di servizi, incluso il trasporto, completamente gratuiti. Che godeva di ferie pagate e di vacanze in centri turistici gestiti dallo stato, con un costo vicino allo zero (con un piccolo contributo). E via dicendo.
Il sacrificio, anzi lo schiavismo, che l’attuale retorica pretenderebbe dai nostri giovani (e non solo da loro) è un sacrificio fine a sé stesso e che non lascia nessun vantaggio alla collettività. Serve solo ad ingrassare ed arricchire ulteriormente i padroni. Gli stessi che poi, quasi sempre, oltre a volere schiavi, non pagano neppure le tasse.
Nessuna regola comunitaria, nessun modello di sviluppo o politico possibile, potrebbero essere socialmente peggiori di quelli italiani del 2023.
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Il medioevo dei diritti sociali, in Italia, è attualissimo ed è in piena, negativa, evoluzione.