IL DIFFICILE VIAGGIO DI PAPA FRANCESCO IN AFRICA

DI MICHELE MARSONET

 

 

Dimostrando, come sempre, di avere un grande coraggio, Papa Francesco ha deciso di visitare l’Africa. In particolare due tra i Paesi più problematici del continente, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan.

***

Viaggio coraggio

Il viaggio è ancora più significativo se si pensa alle condizioni di salute – non certo ottimali – del pontefice. Francesco è infatti costretto a muoversi per la maggior parte del tempo con la sedia a rotelle, visto che le recenti operazioni non hanno risolto i guai delle sue ginocchia. Tenendo conto che il Papa ha 86 anni, questo viaggio assume dimensioni quasi epiche. L’età e la sua salute gli consiglierebbero di fermarsi a Roma, e di limitare la sua attività ai discorsi e alle omelie.

Stile Bergoglio

Una simile scelta, tuttavia, non sarebbe in linea con lo stile del suo pontificato, tutto rivolto all’ecumenismo, alla diffusione del messaggio cristiano e, soprattutto, alla ricerca della pace. Compito, quest’ultimo, di ben difficile attuazione, visto che i venti di guerra spirano impetuosi, in pratica in ogni parte del mondo.

Congo vittima del peggior colonialismo

Nella Repubblica Democratica del Congo (ex Congo belga, e poi Zaire), la messa che ha celebrato nella capitale Kinshasa ha visto l’affluenza di un milione di fedeli. Numero impressionante, ma nemmeno tanto, se si tiene conto che la maggioranza della popolazione è cristiana. I cattolici sono il 53%, i protestanti – divisi in varie sette – oltre il 35%, mentre è ancora forte la presenza delle religioni autoctone di impronta animistica. A differenza di altri Paesi africani, i musulmani rappresentano una piccola minoranza (circa il 2%).

Le cristianità mista e missionaria

La forte maggioranza cristiana rende la Repubblica Democratica del Congo una tradizionale terra di missione. E infatti i missionari cattolici e protestanti sono molto radicati nel territorio. Mette anche conto notare che negli ultimi tempi stanno avendo crescente successo i mormoni (Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni), provenienti soprattutto dagli Stati Uniti.

Messaggio di pace in clima di guerra

Francesco, com’è sua abitudine, non si rivolge solo ai cattolici ma a tutti, credenti e non credenti, sforzandosi di trasmettere il suo messaggio di pace, spesso inascoltato. Qui il problema non è posto dalla guerriglia jihadista vista la scarsa presenza dei musulmani, ma dai sanguinosi conflitti tribali che vedono coinvolte le numerose etnie del Paese. C’è insomma uno stato di guerra civile permanente che coinvolge tutte le regioni. Di conseguenza il governo centrale non riesce a controllare la situazione, e i massacri si susseguono senza sosta. Lo stesso Francesco ha dovuto ascoltare racconti in cui dei sopravvissuti hanno spiegato di essere stati costretti dai loro aguzzini a mangiare carne umana.

L’ambasciatore Attanasio

Il Papa ha anche ricordato l’assassinio dell’ambasciatore italiano Attanasio, ucciso assieme al suo autista e al carabiniere di scorta. Come sempre fa, Jorge Bergoglio ha puntato l’indice contro il colonialismo (in questo caso quello belga). C’è tuttavia da chiedersi se il colonialismo sia davvero l’unico colpevole. E’ un dato di fatto che, tranne rare eccezioni come Nelson Mandela, gli eroi della liberazione in quasi tutti gli Stati africani si sono poi trasformati in crudeli tiranni, impedendo ogni sviluppo democratico nei loro Paesi. E’ così, per esempio, che uno Stato ricchissimo di materie prime come il Congo è ai primi posti nelle classifiche mondiali della povertà.

Il Papa altro non può fare che insistere con il suo messaggio di pace, sperando che esso possa prima o poi toccare i cuori dei governanti e dei “signori della guerra” che imperversano con le loro bande armate. Nel Sud Sudan troverà una situazione altrettanto drammatica ma, come sempre, non si farà scoraggiare.

 

Articolo di Michele Marsonet, dalla redazione di

3 Febbraio 2023