DI MARIO PIAZZA
Nel post di ieri contemplavo la vaga possibilità di tornare a sostenere il Partito Democratico e con il garbo e l’ironia delle persone intelligenti un mio contatto di lunga data, uno che non ha mai condiviso il mio accanimento contro quel succedaneo di centrosinistra che da Renzi in poi è diventato il “partito dei lavoratori”, mi ha chiesto stanotte:
“Io ero rimasto a quando tutti dicevano che votare PD era peggio e tanto valeva che al governo ci andassero questi. È cambiato qualcosa nel frattempo? “
Sì, Antonio. Sono cambiate un sacco di cose negli ultimi tre mesi, e qualcuna in maniera imprevedibile. Per esempio nessuno poteva prevedere che le capacità moderatrici di Forza Italia fossero così facilmente spianate dalla gongolante ondata parafascista che sta facendo carne di porco di Costituzione e Magistratura.
Era anche difficile immaginare una liquefazione così consistente del PD, eletti ed elettori, tale da imporre a chiunque sarà il nuovo segretario un taglio netto con la conventicola renziana e un’apertura salvavita ai Cinquestelle rifondati.
E nessuno poteva neppure immaginare che una Meloni “italiana” col vento in poppa avrebbe così facilmente lasciato campo libero alle velleità secessioniste di una Lega anch’essa come il PD in stato di avanzata decomposizione.
Non sto dicendo che appoggerò il PD e neppure che ho perdonato il Jobs Act di Renzi, il finanziamento dei lager libici di Gentiloni o l’esaltazione belligerante di Letta. Sto dicendo che nel bene e nel male ci sono abbastanza elementi nuovi per osservare l’evolversi della situazione con rinnovato interesse e anche con qualche grammo di speranza in più.