DI VIRGINIA MURRU
E’ un vero e proprio allarme, ma si tratta dell’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nei centri urbani. In aumento, secondo l’analisi, solo le attività legate alle strutture ricettive e di ristorazione. C’è anche un incremento delle imprese gestite da stranieri, e risultano invece in calo le attività tradizionali nei centri storici; migliorano i servizi.
Dagli studi di Confcommercio – avviati con la collaborazione del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne – il quadro non è allettante per questo importante settore dell’economia italiana. Si respira un clima di prudenza, quasi disaffezione verso le attività commerciali nelle città della penisola.
E c’è poi la pandemia, che non si può tuttora considerare, dopo ben tre anni, ancora superata. E ci sono poi le conseguenze della crisi geopolitica alle porte dell’Europa: il conflitto tra Ucraina e Russia è esploso proprio quando, nel 2022, il cuore dell’economia europea aveva ripreso a battere con impulso deciso. Tutto questo ha certamente avuto le sue ripercussioni, soprattutto sulle piccole e medie imprese, per il settore del commercio è un’altra durissima prova da affrontare.
Così non c’è da sorprendersi se negli ultimi 10 anni centomila attività di commercio al dettaglio, e 15mila imprese di commercio ambulante hanno deciso di abbassare le serrande. Ci sarebbe una crescita nel settore turistico, per quel che concerne l’attività alberghiera e la ristorazione, ma le nuove iniziative non sono riuscite a compensare la chiusura di decine di migliaia di attività.
Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio, l’incremento non compensa tali riduzioni, e tuttavia cambia in modo rilevante le caratteristiche dell’offerta sul piano turistico nell’economia in generale. Il trend negativo, come si è accennato, ha subito una spinta significativa dalla doppia crisi pandemica, alla quale è seguita quella energetica, ma l’analisi sottolinea che comunque esisteva già una propensione negativa alla chiusura delle attività commerciali anche prima che si verificassero questi eventi. E’ un fenomeno che viene monitorato costantemente, poiché, per ovvie ragioni, questa tendenza alla desertificazione delle attività del settore crea apprensione.
Il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, mette in rilievo gli aspetti del fenomeno che sta attraversando il settore.. C’è anche un’altra considerazione che emerge dall’analisi, ossia che alla riduzione delle registrazioni delle imprese nel complesso, si contrappone in linea compensativa, l’aumento di quelle gestite da stranieri, anche se, per quel che riguarda il commercio, la perdita di numerosità è solo in parte compensata dalla crescita delle attività gestite da stranieri, che rappresentano il 14,4% del totale.
L’analisi sottolinea anche l’importante ruolo del commercio al dettaglio nell’offrire occupazione agli stranieri, indispensabile per un’autentica integrazione nella società italiana.
L’Ufficio Studi Confcommercio nell’analisi fa riferimento al decennio 2012-2022, periodo nel quale sono state chiuse quasi centomila attività di commercio al dettaglio, e circa 16mila imprese di commercio ambulante. Se il focus si concentra nei medio.grandi centri urbani, risulta evidente che la crescita dell’offerta turistica è più forte nei centri storici, rispetto ad altre aree urbane. Il Sud, a spiccata vocazione turistica, è stato interessato in questo lasso di tempo da un maggiore impulso commerciale rispetto alle regioni del Nord.
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, riguardo alle analisi dell’Ufficio Studi, ha recentemente dichiarato:
“La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali”.