DI MARIO PIAZZA
Basterebbe il nome per capire subito che si tratta di una legge del menga.
Quella che doveva essere una legge che regolamentava in modo più selettivo l’ingresso in Italia di cittadini stranieri fu immediatamente trasformata in una chiusura ermetica delle frontiere utilizzando la burocrazia come sigillante ed esautorando ambasciatori e consoli di qualsiasi potere discrezionale.
Per averne una pallida idea occorre sapere che le rappresentanze diplomatiche italiane sono circa 200 sparse per tutto il pianeta, il che significa che la stragrande maggioranza dei potenziali richiedenti il visto d’ingresso vivono a centinaia e spesso migliaia di chilometri dallo sportello più vicino. E’ bastato vietare le richieste per via telematica per rendere impossibile l’avvio di una pratica che può richiedere da alcuni giorni se si tratta del visto turistico per un benestante a vari mesi (non per la concessione, per il respingimento) se parliamo di poveracci in cerca di lavoro.
La cosa tragicomica della faccenda è che in quel bordello a cielo aperto che fu il governo Berlusconi mentre veniva sbarrato il passo a centinaia di migliaia di lavoratori di cui avevamo disperato bisogno in un altro ufficio delle stesse ambasciate venivano distribuiti milioni di passaporti a chiunque avesse un lontano parente italiano, non per far venire costoro in Italia ma per permettere loro di votare nelle circoscrizioni estere.
Lo schifo non è il combinato disposto di due leggi di merda facilmente prevedibile dai nomi degli estensori (il terzo è la buonanima di Mirko Tremaglia), è invece agghiacciante che una simile porcheria sia sopravvissuta indenne ai sette successivi diversi presidenti del consiglio, segnatamente Prodi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi.
Vuoi vedere che a metterci mano sarà proprio l’erede spirituale dei gaglioffi che l’hanno firmata?