DI ALDREDO FACCHINI
<<La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia>>.
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L’11 marzo 1924, a Venezia, nasce Franco Basaglia. Un Rivoluzionario.
“El dotor dei mati”, ha avuto la sfrontatezza di pensare l’impensabile: chiudere i manicomi.
Quanto c’è stato di più malvagio in questo paesone bigotto che è l’Italia.
<<Perché i manicomi non si migliorano, si distruggono. Curare un paziente psichiatrico con elettroshock è come prendere a cazzotti un televisore per regolare la frequenza>>.
Sono i mattatoi dell’anima: cancelli, sbarre, inferriate, chiavi, catene, lucchetti, cinghie, fasce, pasticche, siringhe; strilla, urla, pianti, lamenti; padiglioni, stanzoni, guardiani, ruggine, infezioni, brodaglie, pidocchi, urine, feci, botte, stupri; celle di isolamento, letti di contenzione, camicie di forza, docce gelate, tamponi in bocca; elettroshock, lobotomie.
Gli ospedali psichiatrici erano la vera malattia. Se entravi non ne uscivi più. E se scappavi commettevi reato. Era sufficiente che un dottorunculo diagnosticasse che un soggetto fosse <<pericoloso a sè e agli altri o che sia di pubblico scandalo>>, e sparivi in una cartella clinica dentro un faldone.
La prima legge del 1904, <<sugli alienati di mente>>, era una legge in tutto e per tutto di polizia, creata non per curare la malattia o per assistere i malati, ma per dare una rassettata alle strade di un’Italia “unta” dall’emarginazione incontenibile.
La legge affidava al medico un mandato non a prendersi cura, ma a custodire, sorvegliare, punire, lo psicotico, il pericoloso o colui che procurava pubblico scandalo.
Per Basaglia solo la libertà è terapeutica.
Se perdi tutto, perdi te stesso. Per sempre.