CIAO SOFIA ❤️

DI PIERLUIGI FERDINANDO PENNATI

P. F Pennati

 

 

Ho scoperto per caso questa storia: una ragazza 23enne cui viene diagnosticato un raro tumore al cuore del quale si conosce solo che porta a morte certa.

Una diagnosi di malattia che è anche una sentenza di condanna a morte.

La malattia di Sofia è rara e quindi la ricerca la snobba perché “la ricerca” scientifica è oggi svolta praticamente solo da privati, aziende farmaceutiche che investono denaro per poi vedere i medicinali a caro prezzo, un po’ come la sanità nazionale che a poco a poco viene delegata ai privati con il miraggio di minori costi per lo stato.

Il risultato è che nessuno si occupa dei malati in quanto tali, ovvero per curarli, ma solo come possibili futuri clienti e con i clienti che si fa? Si selezionano quelli che pagano meglio con il minor sforzo.

Sofia non si perde d’animo ed in assenza di ricerca e alternative decide di fondare un’associazione dal nome Sofia nel cuore per raccogliere fondi per la ricerca.

Gesto nobile che se qualcuno vuole sostenere può farlo seguendo l’hashtag #sofianelcuore e fare un’offerta, ma a ben guardare proprio qui sta il problema.

Se sostenere privatamente queste iniziative è salutare e doveroso, l’articolo 32 della nostra Costituzione cita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, eppure quando sei malato hai diritto a curarti per quanto puoi pagare e sei sei povero quel “e garantisce cure gratuite agli indigenti” si traduce in un calvario talmente difficile e lungo che talvolta fai prima a morire.

Lo vediamo tutti i giorni nei pronto soccorso dove, ma ancor più facilmente prenotando una qualsiasi prestazione con il SSN, mesi di attese o viaggi da fare perché “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” con tempi e modo spesso incompatibili con il disturbo, la situazione economico sociale del paziente o persono del decorso della malattia, comunque più rapido dei tempi di attesa.

Alla fine Sofia è morta, era scritto nell’ordine delle cose, “il sistema” sanitario se ne farà una ragione e le persone dimenticheranno, prima i poi dimentichiamo tutto e quasi sempre lo facciamo prima che diventi poi.

Sei raro, o povero, non sei economicamente importante e puoi morire, in pace, con buona pace dei ricchi e dei malati “comuni”, non è il primo e non sarà l’ultimo caso, eppure la soluzione c’è ed è semplice: avere uno stato che pensi “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e non solo una spesa inutile da tagliare perché “il sistema” pubblico non funziona.

Se “i privati” forniscono a costi minori servizi migliori ci sarà una ragione e questa non è certo solo perché i lavoratori si possono licenziare se non lavorano bene, ma, al contrario, è principalmente perché i dirigenti “privati” sono pagati e conservano il posto solo se “il sistema” funziona, altrimenti sono “privati” del posto e del salario e, se del caso, ripagano persino i danni eventualmente prodotti con la loro gestione.

Sofia è morta per un tumore e, come accade a molte altre persone, i tumori sopravvivono meglio e di più dei pazienti perché finanziamo i soggetti sbagliati, quelli che ci vedono solo come un prodotto commerciale e non come le persone che siamo.

Una sanità pubblica efficiente ed una ricerca indipendente sono possibili, ma se “il pesce puzza sempre dalla testa”, la testa, ricordatevelo, la eleggiamo noi ed i risultati si vedono.

In attesa di poter migliorare seguite l’hashtag per sostenere #sofianelcuore